Il coinvolgimento della Senataxina nella predisposizione al cancro e alla SLA
- Alessia Di Nella
- 12 lug 2016
- Tempo di lettura: 75 min
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO DIPARTIMENTO DI SCIENZE BIOMOLECOLARI Corso di laurea triennale in Scienze Biologiche
Introduzione
La recente scoperta sul coinvolgimento della Senataxina nella patogenesi tumorale e nell’espressione di malattie neurodegenerative, che affliggono attualmente una percentuale piuttosto alta della popolazione mondiale, assume particolare importanza.
Quando questa proteina risulta alterata (come accade nella Sclerosi Laterale Amiotrofica giovanile) la trascrizione interferisce con la replicazione, rendendo il DNA fragile: questo rappresenta una caratteristica comune delle cellule tumorali.
Tale scoperta potrebbe essere considerata come un significativo passo avanti sia nella ricerca sul cancro sia nello studio di malattie neurodegenerative in cui la Senataxina è mutata. Inoltre, potrebbe indirizzare la comunità scientifica ad approfondire il ruolo della Senataxina, quale garante della stabilità genomica, e intraprendere così nuovi iter scientifici.
Rimane innanzitutto da chiarire il modo attraverso cui la Senataxina è coinvolta nei meccanismi molecolari alla base della formazione dei tumori, dove l’integrità del DNA risulta compromessa; in seguito anche da stabilire quali sono le cellule del sistema nervoso in cui le lesioni al DNA contribuiscono allo sviluppo della SLA.
Ciò suggerisce che le stesse strategie molecolari che inducono al tumore spesso sono anche alla base di una miriade di patologie, diverse nella loro manifestazione clinica ma simili in termini di disfunzione a livello cellulare. Sembrerebbe, infatti, che l’instabilità genomica rappresenti una caratteristica comune di molte patologie.
1.1 La replicazione del DNA
La divisione cellulare, necessaria per la crescita di un organismo, richiede che il DNA venga duplicato con la massima fedeltà possibile, in maniera tale che le cellule figlie possano avere la stessa informazione genetica della cellula madre.
La duplicazione del DNA nelle cellule somatiche inizia in corrispondenza di specifiche sequenze di DNA, definite origini di replicazione, la cui accensione viene accuratamente controllata durante il ciclo cellulare, data la necessità di ogni cromosoma di essere replicato una sola volta ad ogni ciclo. Ogni variazione nella sequenza nucleotidica genera dei cambiamenti, che prendono il nome di mutazioni. Se da un lato, il loro accumularsi nell’arco di milioni di anni è stato alla base del processo evolutivo che ha portato alla variabilità genetica tra le specie animali e vegetali e alla diversità degli individui all’interno della stessa specie, dall’altro, un tasso mutazionale troppo elevato può essere pericoloso, in quanto alterano la stabilità e l’integrità del genoma. Poiché le cellule figlie presentano un genoma identico alla cellula madre, Meselson e Stahl, in un esperimento pubblicato nel 1958, definito come uno dei più eleganti della Biologia Molecolare, diedero la dimostrazione sperimentale che il processo di duplicazione del DNA è di tipo semiconservativo, in quanto porta alla formazione di doppie eliche costituite da un filamento preesistente e uno neoformato e, considerata la complementarietà della sequenza nucleotidica, ogni filamento vecchio può fungere da stampo per formare una nuova molecola di DNA. Perché abbia inizio questo processo, è necessaria innanzitutto l'apertura della doppia elica attraverso la parziale denaturazione del DNA da parte delle elicasi, enzimi che separano attivamente i due filamenti usando l'energia dell'ATP; successivamente, i due filamenti di cui è composta la doppia elica si divaricano in modo da formare una forca, detta forcella di replicazione, nei cui margini interni si trovano esposte le quattro basi azotate, ciascuna in corrispondenza della sua base complementare: adenina (A) e timina (T), citosina (C) e guanina (G), (Figura 1).
La replicazione del DNA consiste infatti in un processo estremamente fedele, permesso dalla struttura stessa del DNA attraverso un meccanismo mediante il quale si separano i due filamenti e da ognuno di essi viene creato un filamento complementare, ad opera di un enzima chiamato DNA polimerasi. Nel processo di Replicazione, l’attore principale è l’enzima DNA polimerasi (DNAP) che, procedendo in direzione 5’- 3’, sintetizza la catena nucleotidica complementare al filamento stampo, all’interno di un complesso proteico detto replisoma. In particolare, la DNAP aggiunge un nuovo nucleotide ad ogni evento di condensazione, catalizzando la formazione del legame fosfodiesterico nel rispetto della regola della complementarietà tra le basi azotate con il filamento di DNA stampo.
Nella formazione di ciascun legame fosfodiesterico, il fosfato alfa del desossiribonucleoside trifosfato (dNTP) viene legato al 3’OH dell’innesco portando alla liberazione di una molecola di pirofosfato che, essendo rapidamente degradata da una pirofosfatasi, provvede a gran parte dell’energia necessaria per la biosintesi del DNA.
La sintesi del DNA ha delle precise richieste biochimiche, quali i deossiribonucleosidi trifosfati (dNTP) e un complesso innesco-stampo (primer-template), costituito appunto da un filamento stampo di DNA e da un innesco lungo circa 4-12 nucleotidi, che abbia un terminale OH all’estremità 3’, sintetizzato dalla DNA primasi. L’impiego di molecole di RNA primer, che fungono da inneschi per la sintesi di DNA sia sul filamento continuo che su quello ritardato, rappresenta un’esigenza per la DNA polimerasi, dato che questa, a differenza della RNA polimerasi, non è in grado di iniziare la sintesi di una catena nucleotidica senza un’estremità 3’OH libera da allungare; inoltre, il fatto che vengano utilizzati questi tratti di RNA implica non solo la loro successiva rimozione, ma anche il riempimento delle interruzioni così generate, specialmente sul filamento discontinuo.
Dopo aver compiuto la propria funzione, il complesso innesco-stampo viene rilasciato dal sito attivo della polimerizzazione per poi entrare in contatto con il sito esonucleasico dell’enzima dotato di funzione proofreading, in grado di controllare la fedeltà del processo replicativo. Infatti, alcune polimerasi replicative godono della funzione di “correttore di bozze”, dovuta all’attività esonucleasica 3’-5’, che rimuove eventuali errori con polarità inversa alla direzione di sintesi del DNA, in caso di un appaiamento non corretto tra le coppie di basi.
Tenendo presente che le DNA polimerasi sono capaci di polimerizzare il DNA soltanto in direzione 5’- 3’, ciò crea un problema nella progressione della forcella replicativa, ossia quella regione di apertura che si trova tra i due filamenti separati sui quali avviene la neosintesi, con il DNA adiacente non ancora replicato. Per rispettare la polarità di sintesi del DNA, uno dei due filamenti di neosintesi (definito filamento continuo o leading strand) viene prodotto in modo continuo seguendo la direzione della forcella replicativa, mentre la sintesi discontinua dell’altro filamento (definito ritardato o lagging strand) inizia solo dopo che la progressione della forcella replicativa ha generato sufficiente DNA a singolo filamento e si realizza attraverso la formazione di frammenti discontinui di DNA, chiamati frammenti di Okazaki (dal loro scopritore), lunghi 1000-2000 nucleotidi in E. Coli e 100-200 nucleotidi negli eucarioti (Figura 3). La rimozione dell’innesco di RNA, il riempimento dell’interruzione originatasi e la saldatura da parte della DNA ligasi porteranno all’unione dei diversi frammenti di Okazaki sul filamento discontinuo (Amaldi et al, 2014).
Difetti nella replicazione e nella riparazione del DNA nonché nei sistemi di controllo ad essi correlati sono alla base di un’alterata stabilità genomica che può infine portare ad anomalie cromosomiche. E’ necessario, quindi, che i danni al DNA vengano rimossi attraverso una serie di meccanismi specifici che dipendono dal tipo di lesione e dall’attivazione di varie risposte cellulari, note come meccanismi di sorveglianza o checkpoint, in grado di contrastarne il potenziale mutagenico e citotossico (Amaldi et al, 2014).
1.2 La trascrizione del gene
Il flusso dell’informazione genetica dal DNA alle proteine richiede un processo cellulare piuttosto complesso che permette la sintesi di una particolare molecola di RNA detta messaggero (mRNA), che a sua volta trasferisce alla macchina molecolare del ribosoma le istruzioni per assemblare una proteina. Si tratta di un processo finemente regolato, sia nei batteri e virus sia negli organismi eucarioti; tanto è vero che l’evoluzione ha portato a differenziare e rendere altamente specifica la regolazione della trascrizione, sebbene alcuni meccanismi di base siano altamente conservati. I principi di base della regolazione dei geni dimostrano che la regolazione è dovuta alle interazioni tra sequenze che agiscono in cis, quali promotori e operatori, e proteine che agiscono in trans, come le RNA polimerasi e vari tipi di fattori di trascrizione. I promotori sono riconosciuti dalle RNA polimerasi e contengono tutte le informazioni necessarie per un accurato inizio della trascrizione; altre sequenze di DNA sono riconosciute da proteine che possono inibire la trascrizione agendo da repressori, oppure attivarla agendo come proteine attivatrici.
Mentre i principi base della regolazione trascrizionale sono comuni a tutti gli organismi, alcuni aspetti della regolazione sono profondamente diversi tra procarioti ed eucarioti: tale differenza è legata principalmente al fatto che, mentre nei batteri il DNA è più disponibile al riconoscimento diretto da parte delle polimerasi e delle proteine regolatrici, negli eucarioti il DNA è organizzato in una struttura cromatinica complessa che impone altre strategie per il riconoscimento e la funzione dei promotori.
Il processo di sintesi dell’RNA su uno stampo di DNA è chiamato trascrizione, il cui enzima chiave è l’RNA polimerasi, una complessa macchina molecolare che presenta una tipica struttura a forma di pinza altamente conservata che le consente di agganciarsi al DNA, in particolar modo al “core” centrale, dove ha luogo la sintesi.
Mentre nei batteri è presente una sola RNA polimerasi (Pol) responsabile di tutta la sintesi dell’RNA che avviene nella cellula, nei nuclei delle cellule eucariotiche esistono tre diversi enzimi specializzati nel trascrivere diverse classi di geni: Pol I trascrive gli RNA ribosomiali (rRNA) ed è principalmente localizzata nel nucleolo; Pol II è invece localizzata nel nucleoplasma, dove trascrive i precursori di RNA messaggero (mRNA), microRNA (miRNA), ossia piccoli RNA che regolano l’espressione genica attraverso il meccanismo dell’interferenza, e alcuni piccoli RNA nucleari (snRNA) coinvolti nell’elaborazione degli mRNA; infine, Pol III, anch’essa nel nucleoplasma, trascrive i geni che codificano per l’RNA transfer (tRNA), RNA S5 e piccoli RNA implicati nella formazione di molecole di mRNA mature (Amaldi et al, 2014).
Le RNA polimerasi eucariotiche sono costituite da circa 12 subunità che, nel loro insieme, formano un complesso proteico con una dimensione superiore ai 500 kDa. Tra queste subunità se ne distinguono alcune, quali Rpb1, Rpb2, Rpb3, Rpb11 e Rpb6 che sono rispettivamente omologhe alle subunità beta’, beta, alfa1, alfa2 e omega dell’enzima procariotico, mentre altre come Rpb5, Rpb8, Rpb10 e Rpb12 sono assenti nella corrispondente polimerasi procariotica.
La somiglianza strutturale delle diverse RNA polimerasi eucariotiche fa pensare che l’origine di questi enzimi sia probabilmente dovuta alla duplicazione di geni codificanti per subunità ancestrali, che si sono poi specializzate nelle funzioni di ciascun enzima, e soprattutto nell’essere in grado di interagire specificatamente con i vari fattori che ne controllano l’attività. Infatti, fattori specifici per ciascuna di esse permettono il riconoscimento degli elementi in cis del promotore e il successivo reclutamento dei rispettivi enzimi. A differenza di Pol I e Pol III che richiedono un numero limitato di fattori specifici, nel caso di Pol II ne esistono essenzialmente due famiglie: la prima, costituita da più di 20 fattori basali di trascrizione, chiamati anche generali (da cui l’acronimo GTF), è richiesta per reclutare l’enzima sui promotori di Pol II e formare il complesso d’inizio; la seconda è invece costituita da proteine che sono responsabili della regolazione della trascrizione, sia come attivatori sia come repressori. Questa complessità è evidenziata dalla complicata struttura dei promotori di Pol II, che contengono elementi in cis che mediano il legame specifico di entrambe le famiglie di fattori trascrizionali.
Anche da un punto di vista strutturale, la Pol II si contraddistingue dalle altre RNA polimerasi eucariotiche per la presenza del “C-Terminal Domain” (CTD) sulla sua subunità Rpb1. Questo dominio consiste di una coda carbossil-terminale non strutturata, costituita da ripetizioni della sequenza Tyr-Ser-Pro-Thr-Ser-Pro-Ser , il cui numero delle ripetizioni non è da sottovalutare, in quanto mutazioni che provocano la perdita di più della metà di queste sequenze sembrerebbero essere letali in diversi sistemi biologici. Diverso per struttura e funzione dall’alfa-CTD della RNAP procariotica, il CTD risulta essere fondamentale nella formazione del complesso di inizio della trascrizione e nel distacco dell’enzima dal promotore. La sua funzione è regolata dallo stato di fosforilazione dei suoi residui, tanto è vero che solamente quando si presenta nella sua forma fosforilata, l’RNA polimerasi II è in grado di iniziare la sintesi della molecola di RNA messaggero (mRNA). Dopo essersi legata al promotore presente sul DNA, la RNA polimerasi provoca l’apertura della doppia elica, denaturando una zona specifica, chiamata bolla di trascrizione, che si muove con l’enzima, implicando che il DNA si apra via via che l’enzima procede, mentre si richiude posteriormente. Senza aver bisogno di un innesco, il primo nucleoside trifosfato (NTP) si posiziona esponendo il 3’-OH che reagisce con il successivo NTP dando così inizio alla trascrizione. La RNA polimerasi sintetizza in direzione 5’-3’ in maniera complementare al filamento stampo, cosicché il messaggero abbia la stessa sequenza dell’altro filamento (detto appunto codificante), con l’eccezione di presentare l’uracile (U) al posto della timina (T) in corrispondenza dell’adenina (A).
Il filamento di RNA neoformato si distacca quasi immediatamente dallo stampo di DNA mano a mano che viene sintetizzato, a una distanza di pochi nucleotidi da dove è stato aggiunto l’ultimo ribonucleotide (Alberts et al, 2009).
Nei batteri, ciò permette all’RNA di essere immediatamente disponibile per la sintesi di proteine, in modo tale che più molecole di RNA polimerasi possono trascrivere lo stesso gene contemporaneamente, producendo più copie di RNA messaggero che vengono usate dai ribosomi per sintetizzare la proteina corrispondente.
1.3 Topologia del DNA nella forcella di replicazione e nei domini di trascrizione
Perché possano aver luogo la replicazione e la trascrizione, è necessario che venga srotolata la doppia elica di DNA, processo che tuttavia genera perturbazioni topologiche a carico della struttura cromosomica.
Dal momento in cui la fibra di DNA è spesso ancorata a strutture fisse (come l’involucro nucleare o l’impalcatura cromosomica), che impongono barriere topologiche e impediscono la rotazione dei segmenti di DNA, le tensioni torsionali generatasi durante i processi biologici non possono interrompersi semplicemente attraverso la rotazione delle estremità dei cromosomi, ma sono risolte da specifici enzimi che prevengono le anomale transizioni di DNA. In effetti, le transizioni topologiche che si creano in seguito allo srotolamento dell’elica, sono mediate dalle DNA topoisomerasi, le quali catalizzano la rottura transiente del DNA per permettere il passaggio di un singolo o doppio filamento della molecola nucleotidica, in modo tale da alleviare l’eccessivo stress torsionale e mantenere adeguati livelli di torsione (Champoux, 2001; Wang, 2002).
Mentre le DNA topoisomerasi di tipo I provocano le rotture transienti sul doppio filamento senza l’intervento dell’ATP, quelle di tipo II introducono rotture transienti sul singolo filamento attraverso l’idrolisi di ATP. I due tipi di topoisomerasi si distinguono a sua volta in IA, IB, IIA e IIB:
le topoisomerasi di tipo IA disaccoppiano corti tratti di DNA a doppio filamento, preferenzialmente superavvolto negativamente (o srotolato), ne introducono una rottura sul singolo filamento, trattengono poi le estremità rotte e, tamponando il problema, permettono il passaggio di un secondo filamento di DNA;
le topoisomerasi di tipo IB interagiscono con la doppia elica di DNA, aderiscono su uno dei due filamenti e, mentre un segmento della rottura viene fortemente trattenuto, l’altro è libero di roteare;
le topoisomerasi di tipo IIA producono una rottura nel doppio filamento di DNA, causando un cambiamento conformazionale che smonta le due estremità del DNA a doppia elica per creare un cancello di DNA aperto, sicché un secondo DNA duplex proveniente dalla stessa o differente molecola viene fatto passare attraverso il cancello di DNA prima che la rottura si richiudi. Questo meccanismo consente diverse trasformazioni topologiche, tra cui il rilassamento del DNA superavvolto positivamente o negativamente;
le topoisomerasi di tipo IIB hanno distinte differenze strutturali confrontante con le topoisomerasi di tipo IIA ma condividono caratteristiche meccanicistiche comuni.
Sia la DNAP che la RNAP possono ruotare attorno alla doppia elica e, contemporaneamente, muoversi lungo il filamento di DNA, (Doksani et al, 2009; Gamper and Hearst 1982; Harada et al, 2001; Liu and Wang, 1987; Reyes- Lamothe et al, 2008) (Figura 6).
A) Nessuna rotazione della DNAP
B) Rotazione della DNAP
C) Nessuna rotazione della RNAP
D) Rotazione della RNAP
2. Interferenza topologica tra la forcella di replicazione e la bolla di trascrizione
Processi quali la replicazione e la trascrizione del DNA sono portati a termine da ampi complessi proteici che, lavorando ad alta velocità e per lunghe distanze lungo i cromosomi, possono andare incontro ad una collisione frontale o co-direzionale, ostacolando la progressione della forcella. Nelle collisioni frontali il replisoma, ossia un ampio complesso molecolare comprendente la DNA polimerasi e fattori accessori, affronta sul filamento ritardato direttamente il bordo anteriore dell’RNAP, mentre nelle collisioni co-direzionali, il replisoma sul filamento continuo si imbatte nel bordo posteriore dell’RNAP.
Queste tipologie di scontro conducono ad un rallentamento della progressione della forcella replicativa (Azvolinsky et al, 2009), che potrebbe riflettere la peculiare organizzazione in loop (o ansa) di DNA nelle regioni trascritte dalla RNAPII (Ansari and Hampsey, 2005; Bermejo et al, 2009; Perkins et al, 2008; Tan-Wong et al, 2009).
In S. Cerevisiae, infatti, le unità trascritte da RNAPII sono organizzate in anse, la cui integrità e complessità topologica dipendono da specifiche azioni della Top2, che sembra legarsi alla base dell’ansa specialmente in fase S (Bermejo et al, 2009). Questa osservazione pone in questione se sono le anse a formarsi solamente in fase S o se è la Top2 a risolvere la complessità delle anse, soprattutto quando la trascrizione si scontra con la replicazione.
Di certo, l’ansa di DNA sui geni trascritti ha effetti straordinari: facilita il riciclo della RNAP così da sostenere, all’interno dello stesso gene, le fasi concomitanti degli eventi trascrizionali; protegge topologicamente la trascrizione da altri processi cromosomici; influenza la capacità dei geni di memorizzare i primi stati trascrizionali mediante un processo conosciuto come memoria trascrizionale; genera una barriera per le forcelle in arrivo indipendentemente dalla direzionalità della trascrizione.
Per far fronte alle eventuali interferenze potenzialmente dannose tra Replicazione e Trascrizione, la cellula escogita vari meccanismi di difesa che includono DNA elicasi per la rimozione di proteine e/o R-loop e regolatori di trascrizione per la salvaguardia delle RNA polimerasi bloccate (Merrikh et al, 2012).
2.1 La trascrizione come ostacolo fisiologico della replicazione
Lo studio effettuato da Anne Helmrich e collaboratori (2011) ha mostrato che nelle cellule umane i lunghi geni sono inclini ai danni del DNA, dovuti all’impossibilità di separare Trascrizione e Replicazione nelle ampie unità di trascrizione. I dati sperimentali indicano che la formazione di trascritti dei geni più lunghi di 800 kb inizia in G2 o nella fase di mitosi (M) e si estende fino a un secondo ciclo cellulare, se non addirittura anche nella fase S, a differenza dei geni più corti che terminano la loro trascrizione perlopiù in G1. Ciò significa che la formazione dei trascritti continua mentre le cellule oltrepassano il ciclo cellulare, finché la Pol II raggiunge il sito di terminazione di questi geni in G1 o all’inizio della fase S del successivo ciclo cellulare.
Inoltre, il fatto che l’estremità 5’ dei lunghi geni viene trascritta in fase G2/M suggerisce che un nuovo giro di trascrizione non inizierà fino a quando la replicazione è terminata. Ciò fa presupporre che la replicazione agisca come regolatore negativo sull’iniziazione della trascrizione dei lunghi geni.
Eppure accade che, mentre le RNA polimerasi sono occupate nel trascrivere i lunghi geni, venga innescato il processo di replicazione che induce la DNA polimerasi a procedere con l’allungamento della catena di DNA, determinando un alto rischio da parte della RNA polimerasi di scontrarsi con il replisoma. La tempistica della replicazione rappresenta dunque una modalità importante nella coordinazione dei due processi biologici.
Per analizzare la tempistica trascrizionale dei geni estremamente lunghi e capire se la loro trascrizione va ad interferire con la replicazione (inducendo così instabilità genomica) sono stati studiati 92 geni umani lunghi più di 800 kb.
Mediante RT-qPCR sono stati analizzati specifici livelli di pre-mRNA nei geni FHIT (1,5 Mb), WWOX (1,1 Mb) e IMMP2L (0,9 Mb), utilizzando, come primer, oligonucleotidi che ibridizzano fino all’estremità 5’ delle rispettive open reading frame (ORF). Secondo gli autori, i trascritti studiati venivano iniziati nella maggior parte dei casi in fase G2/M del ciclo cellulare. Inoltre, per mezzo di primer che ibridizzano in regioni più a valle, si è potuto comprendere che questi geni venivano trascritti durante un ciclo completo del ciclo cellulare, completando la trascrizione nella successiva fase G1 o all’inizio della fase S.
Successivamente è stata esaminata anche la tempistica trascrizionale di geni più piccoli, come GAPDH (4kb), CDKN1A/p21 (11 kb), C3orf67 (308 kb) e DOCK4 (480 kb), riscontrando che questi venivano tutti trascritti durante la fase G1.
Sostanzialmente, l’analisi sui tempi di trascrizione suggerisce che l’RNA polimerasi II necessita di molto tempo per completare la sintesi dei trascritti interi dei lunghi geni, fino alla fase S del successivo ciclo cellulare.
Per valutare la velocità trascrizionale lungo questi lunghi geni, attraverso l’analisi Fluorescence Activated Cell Sorter (FACS), è stata misurata la cinetica del ciclo cellulare dei linfoblasti B attraverso l’utilizzo di un inibitore della sintesi del DNA (aphidilcolina). Sapendo che queste cellule hanno bisogno di circa 10 ore per completare un ciclo cellulare, è stato riscontrato che i geni IMMP2L e WWOX impiegano 11 ore per essere trascritti e il gene FHIT 13 ore. Basandosi su queste osservazioni, la velocità media trascrizionale lungo le regioni codificanti IMMP2L, WWOX e FHIT, sono rispettivamente 23, 28 e 32 nt/s, dimostrando che i lunghi geni vengono trascritti con cinetiche simili a quelle dei geni più piccoli.
Sebbene i due processi siano tra loro coordinati, Replicazione e Trascrizione sarebbero all’interno di domini separati sia spazialmente sia temporalmente. Nonostante sia stato stabilito che la trascrizione aumenti l’instabilità genomica, i meccanismi molecolari coinvolti restano incompresi. In E. Coli e in S. Cerevisiae, la trascrizione ha mostrato di ostacolare la replicazione, dando luogo in tal modo all’arresto della forcella replicativa (Mirkin, 2005; Prado and Aguilera, 2005).
La trascrizione è strettamente associata allo splicing e alla maturazione dell’mRNA (Figura 7), ovvero processi che possono avere un impatto sull’architettura cromosomica e sull’integrità genomica, specialmente nel contesto topologico caratterizzante la fase S del ciclo cellulare.
Se da un lato i fattori coinvolti nella maturazione dell’RNA facilitano la formazione dei domini gemelli superavvolti, impegnando i trascritti neoformati e impedendo quindi il movimento rotatorio della RNA polimerasi, dall’altro lato l’accoppiamento della trascrizione con l’esportazione dell’mRNA attraverso il complesso del poro nucleare (NPC) implica che l’emissione dei nascenti trascritti di RNA prevenga il suo aggrovigliamento dietro la bolla di trascrizione e consenta alla RNA polimerasi II di ruotare lungo il filamento di DNA: questo meccanismo potrebbe contrastare la formazione di domini gemelli topologici. L’associazione di geni trascritti dalla RNAPII con le strutture stabili, come il complesso del poro nucleare, crea connessioni fisiche tra la cromatina trascritta e la matrice fissa, che contribuiscono alla formazione della barriera topologica.
2.2 Meccanismi che regolano i conflitti tra Replicazione e Trascrizione nelle cellule eucariotiche
Nei cromosomi eucariotici, le barriere topologiche assumono un ruolo di fondamentale importanza in quanto limitano le distorsioni accumulate in risposta allo stress topologico, contribuiscono alla loro risoluzione temporanea, isolano interi segmenti di cromatina creando domini topologici e impediscono anche la progressione della forcella replicativa.
Inizialmente libera di ruotare, non appena inizia a sintetizzare il neo-filamento nucleotidico, l’RNAPII incastra la nascente molecola di mRNA al DNA dietro la bolla di trascrizione. È in questo meccanismo che si verifica il cosiddetto gene gating, un fenomeno per il quale i geni trascrizionalmente attivi vengono avvicinati nei pressi del complesso del poro nucleare (NPC) in maniera tale che i trascritti nascenti, associati ai fattori di esportazione, possano trasformarsi rapidamente in molecole di mRNA mature. Si tratta di un processo che svolge un importante compito per l’espressione genica in quanto connette la trascrizione della RNA polimerasi II con l’esportazione dell’mRNA nel citoplasma attraverso la membrana nucleare, mediante l’azione dei complessi THO/TREX-2 che portano la cromatina a contatto con il complesso del poro nucleare (Blobel, 1985). Questo processo potrebbe aggravare i problemi topologici associati alla trascrizione, contribuendo così all’instabilità della forcella, ragion per cui il gene gating viene inibito dalla fosforilazione di nucleoproteine in maniera ATR- dipendente (Bermejo et al., 2011). Il checkpoint ATR (“Serina/Treonina-protein chinasi ATR”, noto anche come “atassia telangiectasia e RAD3-related protein”) si attiva in seguito al rilevamento dei danni del DNA, portando all’arresto del ciclo cellulare. E' stato proposto che, dopo l'inibizione del gene gating checkpoint-dipendente, l'accumulo di anse (dette R-loop) è favorito dal dominio gemello superavvolto mediante scontri frontali tra Replicazione e Trascrizione (Alzu et al, 2012; Bermejo et al, 2012). In questo scenario, la Topoisomerasi I svolgerebbe un ruolo cruciale per contenere l'accumulo di R-loop, contrastando i superavvolgimenti negativi del DNA (Tuduri et al, 2009).
La Senataxina, insieme alla Topoisomerasi I (Drolet, 2006) e alla RNasiH (Wahaba et al., 2011), ha il compito di sopprimere l’accumulo di R-loop, la cui formazione sembra essere facilitata dall’accumulo di superavvolgimenti negativi, che si formano dietro la bolla di trascrizione. Sembrerebbe infatti che il gene gating contribuisca attivamente ad avvolgere il DNA nei geni trascritti, in quanto potrebbe generare un avvolgimento nel segmento di DNA trascritto, dando origine ad un’ansa. Quest’ultima, essendo stabilizzata da varie proteine, potrebbe facilitare l’interazione tra il promotore e il terminatore, e in fase S potrebbe anche reclutare la Topoisomerasi II per intervenire nello stress topologico indotto dalla replicazione (Bermejo et al, 2009).
Secondo quanto sostenuto da Bermejo e collaboratori (2011), il checkpoint di replicazione contribuisce a prevenire l’interferenza tra Replicazione e Trascrizione, disassemblando il complesso di pre-inizio (PIC) (Clelland and Schultz, 2010) e contrastando le transizioni anomale della forcella lungo i geni trascritti dalla RNAPII (Bermejo et al, 2011). L’architettura della fase S dei geni di RNAPII è altamente regolata (Bermejo et al, 2009) e il checkpoint ATR, attraverso la fosforilazione di nucleoproteine chiave, contrasta il gene gating per permettere la progressione della forcella sopra le unità di trascrizione della RNAPII e per alleviare la tensione generata quando le forcelle incontrano i geni gated. Tuttavia, non è chiaro in che modo la forcella possa dislocare l’apparato di trascrizione (Bermejo et al, 2012).
Sempre più evidenze suggeriscono che il checkpoint ATR e i fattori a valle giocano un ruolo centrale nel coordinare Replicazione e Trascrizione, mediante il controllo della stabilità di common fragile sites (CFS) e di early replicating fragile sites (ERFS), regioni genomiche specifiche soggette a riarrangiamenti quando sottoposte a stress ossidativo (Casper et al, 2002; Barlow et al, 2013).
Alcuni di questi elementi fragili corrispondono a lunghi geni accumulanti R-loop o a geni altamente trascritti (Helmrich et al, 2011; Barlow et al, 2013).
Recenti studi effettuati sul lievito mettono in luce alcuni meccanismi attraverso cui il pathway ATR coordina i due processi di sintesi (Figura 8). Per prevenire collisioni tra Replicazione e Trascrizione, da una parte viene attivata in seguito a stress ossidativo la proteina chinasi Hog1, che fosforila la proteina Mrc1 per rallentare la progressione della forcella (Duch et al, 2013); dall’altra, al passaggio della forcella replicativa, viene temporaneamente inibita la trascrizione, controllando il disassemblaggio del complesso di pre-inizio (PIC) (Nguygen et al, 2010). Il checkpoint ATR assiste alla progressione della forcella e garantisce la stabilità nei geni trascritti dalla RNAPII mediante l'inibizione dei vincoli topologici causati dal gene gating (Bermejo et al, 2011). In seguito a mutazioni che alterano la fosforilazione di nucleoproteine, si ha l’ostacolo della progressione della forcella replicativa. Ciò induce la forcella a subire un arresto e ad assumere rapidamente una conformazione invertita, ad opera della cromatina trascritta che accumula stress torsionale in prossimità di essa.
2.3 Esiti patologici conseguenti all’interferenza tra Replicazione e Trascrizione
Come riportato da Gottipati (2008), sia nel lievito che nei mammiferi la trascrizione induce instabilità genomica in seguito alle collisioni con la replicazione. Infatti, la trascrizione e i processi ad essa accoppiati hanno la capacità di modellare la cromatina, influenzando l’architettura e l’integrità dei cromosomi.
È stato consolidato che la trascrizione, arrestando la progressione della forcella di replicazione, danneggia il DNA, in quanto le forcelle replicative in fase di stallo diventano inclini a eventi di ricombinazione non programmati e soggetti alla formazione di rotture sul doppio filamento di DNA (DBS).
Anche se il meccanismo in questione è poco chiaro, si ritiene che le R-loop contribuiscano all’arresto della forcella e influenzino anche lo stato della cromatina, poiché un eccessivo accumulo di R-loop in alcune regioni del DNA provoca una condensazione incontrollata della cromatina. Un recente studio effettuato da Castellano-Pozo e collaboratori (2013) ha dimostrato che cellule umane o cellule di lievito impoverite di Senataxina, RNasiH o del complesso THO accumulano nei geni trascritti sia R-loop sia H3 fosforilato a S10 (H3S10P), un marcatore mitotico di condensazione della cromatina. È stato proposto che la compattazione della cromatina, mediata dalle R-loop, non solo previene la trascrizione, ma contribuisce anche a ridurre la progressione della forcella (Castellano-Pozo et al, 2013). Tanto è vero che una difettosa progressione della forcella comporta l’accumulo dei marcatori della cromatina e il silenziamento genico (Paeschke et al, 2011; Schiavone et al, 2014).
Basandoci su questo scenario, è possibile che in seguito ad una mancata coordinazione dei programmi epigenetici e co-trscrizionali, l’iperattivazione non programmata delle unità trascrizionali potrebbe determinare un’alta propensione allo stress topologico che inevitabilmente risulterebbe patologico, come l’inversione della forcella e l’accumulo di R-loop.
Da qui, la constatazione che collisioni non coordinate tra Replicazione e Trascrizione possono interferire con la corretta deposizione dei marcatori della cromatina, causando instabilità epigenetica. L’idea che i conflitti tra Replicazione e Trascrizione influenzino la struttura della cromatina è supportata anche da altre scoperte recenti in merito al complesso FACT che, interagendo fisicamente con la Senataxina (Yuce and West, 2013; Hill et al, 2014), sembra essere cruciale per ristabilire il corretto stato della cromatina dopo il passaggio della forcella di replicazione nelle regioni trascritte di DNA (Herrera-Moyano et al, 2014).
Complessivamente, sembra che la mancata coordinazione della replicazione con la trascrizione non solo danneggia il DNA, ma impedisce anche l’espressione genica, compromettendo così la funzionalità della cellula.
2.4 L’instabilità dei CFS come causa dello scontro tra Replicazione e Trascrizione
Nell’uomo le regioni genomiche caratterizzate da un più alto numero di arresti della forcella replicativa e di rotture di DNA sono note come siti fragili comuni (CFS), ossia punti caldi per i riarrangiamenti cromosomiali nella fase iniziale di trasformazione oncogenica (Gorgoulis et al, 2005). Poiché nelle cellule di mammifero la formazione di CFS sembrerebbe essere provocata dalle collisioni della RNA polimerasi II con la forcella di replicazione, per verificare se la trascrizione è coinvolta nella instabilità dei CFS, Helmrich e collaboratori (2011) hanno comparato la formazione del danno dei CFS con i livelli di espressione dei lunghi geni sottostanti nei linfoblasti B e nei mioblasti, dato che questi due tipi cellulari differiscono nei loro profili di espressione in merito ai diversi lunghi geni.
Mentre gli mRNA di FHIT e WWOX sono stati ritrovati nei linfoblasti umani ma non nei mioblasti, l’mRNA di IMMP2L è stato rilevato in entrambi i tipi di cellule ma con due diversi livelli. Analizzando poi i due geni umani più lunghi, il CNTNAP2 (2,3 Mb) e il DMD (2,2 Mb) (Tennyson et al, 1995), i loro mRNA venivano rilevati solo nei mioblasti.
Successivamente sono stati messi a confronto le frequenze di danni dei CFS di cinque geni più lunghi nei due tipi differenti cellulari, dopo esser stati sottoposti a un debole stress replicativo da aphidilcolina. E’ stato riscontrato che ognuno dei cinque geni ha portato alla formazione di rotture di CFS ma solo nei tipi di cellule in cui il gene è stato trascritto e non in quelle cellule dove era silente, mentre nei punti cromosomiali dei più piccoli geni espressi non è stata rilevata alcuna rottura dei CFS.
Nonostante si sia compreso che la fragilità sia legata ai lunghi geni, non vi è alcuna relazione proporzionale tra il livello di stabilità con la grandezza dei geni, e allo stesso tempo non si è notato un aumento della frequenza di lesioni all’aumentare della grandezza dei geni da 0,9 Mb (IMMP2L) a 2,3 Mb (CNTNAP2). Piuttosto è stata constatata una buona correlazione tra i cinque livelli di espressione e le loro rispettive frequenze di rottura (Person correlation coefficient r=0,70 cioè p < 0,005), il che dimostra l’esistenza di un collegamento diretto tra Trascrizione e formazione dei CFS. Paragonando i livelli di espressione dei geni FHIT e WWOX tra i linfoblasti B e fibroblasti, si è scoperto che la trascrizione è legata alla fragilità e al mancato innesco della replicazione. Una simile conclusione è stata riportata nel lievito S. Cerevisiae, in cui l’origine di replicazione ARS605, essendo localizzata all’interno dell’open reading frame (ORF) del gene MSH4, viene spenta in seguito all’inattivazione della trascrizione di MSH4.
Sembrerebbe che la continua trascrizione funga in questo caso da soppressore per l’avvio della replicazione, eppure la stessa deduzione trova conferma dal fatto che i siti fragili comuni (CFS) non sono in grado di attivare le origini di replicazione per salvare le forcelle perturbate a causa di un moderato stress replicativo.
In conclusione, sebbene il danno nei CFS aumenti in risposta allo stress replicativo, il meccanismo molecolare che collega la fragilità indotta dallo stress replicativo a specifiche regioni genomiche rimane largamente incomprensibile.
3. Coinvolgimento della Senataxina nell’interferenza tra Replicazione e Trascrizione
Come i procarioti, anche gli organismi eucariotici superiori sono dotati di vari meccanismi per minimizzare l’interferenza tra Replicazione e Trascrizione. Mentre nei batteri la complessità topologica, che ne deriva, è alleviata dalla loro peculiare organizzazione genomica caratterizzata dalla co-direzionalità tra le forcelle replicative e le bolle di trascrizione, negli eucarioti la complessità topologica è incrementata dalle collisioni frontali della RNA polimerasi II con la forcella di replicazione, a discapito della progressione di quest’ultima.
Come mostrato dal suddetto esperimento di Helmrich e collaboratori (2011), il processo trascrizionale dei lunghi geni richiede un certo intervallo di tempo affinché sia portato a termine, il che rappresenta un ostacolo fisiologico per la replicazione (Aguilera, 2005; Rudolph et al, 2007; Bermejo et al, 2012), in quanto ne contrasta la progressione della forcella replicativa.
Conseguentemente, l’ostacolo alla progressione della forcella di replicazione, a seguito di un rallentamento della RNA polimerasi II oppure a causa della perdita dell’attività da parte della Topoisomerasi I, favorisce l’instabilità dei CFS, che si verificano quando Trascrizione e Replicazione hanno luogo nello stesso momento e sullo stesso filamento stampo. Però, mentre il blocco trascrizionale provoca l’arresto della forcella, nonché la formazione di ibridi stabili di RNA/DNA, i CFS sembrano guidare le cellule nell’instabilità genomica e nella formazione di tumore. La progressione della forcella risulta perciò necessaria per prevenire la pausa trascrizionale e per mantenere la stabilità genomica. Infatti, una forcella replicativa correttamente funzionante aiuterebbe a risolvere le collisioni tra i complessi proteici della trascrizione e della replicazione, soprattutto nei lunghi geni dove causano una maggiore possibilità di scontri tra la RNAPII e la forcella replicativa.
E’ proprio in questo contesto che troviamo la Senataxina, una proteina scoperta recentemente, che agisce a livello dell’interfaccia tra la trascrizione e la replicazione del DNA per ridurre al minimo il rischio di collisione e mantenere la stabilità del genoma. Si tratta di una DNA/RNA elicasi che riveste un ruolo di fondamentale importanza nella coordinazione temporale tra Replicazione e Trascrizione, ed uno, non ancora chiarito ma non meno importante, nelle mutazioni genetiche causanti severe malattie neurologiche.
Mediante una strategia di clonaggio posizionale, Moreira e collaboratori (2004) identificarono il gene codificante la Senataxina, presente sul braccio lungo q del cromosoma 9 in posizione 34.12 (9q34.12), che chiamarono SETX, (Figura 9). Lo stesso intervallo cromosomico sembrerebbe associato a diverse malattie come per esempio l’atassia spino-cerebellare autosomica recessiva di tipo 1 (SCAR1), chiamata anche atassia con aprassia oculomotoria di tipo 2 (AOA2) in cui è stato, per la prima volta, riscontrato mutato (Moreira et al, 2004).
Il gene SETX, contenente 24 esoni, porta alla formazione di una proteina di 2677 aminoacidi, che presenta alla sua estremità carbossile un classico dominio (motivo 7) altamente conservato, trovato nella superfamiglia I dell’elicasi DNA/RNA, e alla sua estremità amino-terminale un dominio coinvolto nelle interazioni con altre proteine (Chen et al, 2006).
Il dominio carbossile della Senataxina condivide un’ampia omologia (42%) con la proteina splicing endonuclease 1 (Sen1p) del lievito S. Cerevisiae, (Ursic et al, 1997) coinvolta nella maturazione di una vasta classe di RNA non codificanti proteine, piccoli RNA nucleari (snRNA) e nucleolari (snoRNA), RNA transfer (tRNA) e ribosomiali (rRNA).
Essendo dotate di attività elicasica, sia Sen1 che Senataxina sono richieste in qualche modo nei processi di maturazione dell’RNA e di riparazione del DNA. Tuttavia, sono state prove per un ruolo più ampio della Senataxina in ambito trascrizionale e in altri processi cellulari, infatti la proteina in questione sembrerebbe essere coinvolta in diversi aspetti del metabolismo dell’RNA, ad esempio:
Svolge il ruolo nella regolazione della trascrizione per la sua capacità di modulare il legame della RNAPII alla cromatina e per la sua interazione con le proteine coinvolte nella trascrizione;
Contribuisce all’efficienza di splicing dell’mRNA e alla selezione del sito di splicing;
È necessaria per la risoluzione della formazione di R-loop nei siti di pausa ricchi di G a valle del sito di poliadenilazione, consentendo il reclutamento di Xrn2 e la degradazione mediata da Xrn2 dell’RNA spaccato a valle e quindi la terminazione efficiente della trascrizione da parte della RNA polimerasi II;
Gioca un ruolo nella regolazione del ritmo circadiano, in quanto è richiesta per la terminazione trascrizionale 3’ di due geni, PER1 e CRY2, implicati nel funzionamento degli orologi biologici;
È coinvolta nella risposta al danno di rotture al doppio filamento di DNA indotta dalla trascrizione;
Svolge anche un ruolo nello sviluppo e nella maturazione di cellule germinali, indispensabili per la meiosi maschile agendo nell’interfaccia della trascrizione e ricombinazione meiotica, nonché nel processo di silenziamento genico durante l’inattivazione meiotica del cromosoma sessuale (MSCI);
Può essere coinvolta nella stabilità telomerica attraverso la regolazione della trascrizione.
Svolge un ruolo nella crescita dei neuriti in cellule dell’ippocampo attraverso vie di segnalazione attivate da FGF8;
Inibisce l’apoptosi indotta dall’acido retinico
Invece, il dominio amino-terminale del lievito rappresenta un frammento di residui aa 1-600, deputato ad interagire con proteine chiavi, quali Rad2p (una deossiribonucleasi richiesta nella riparazione del DNA), Rnt1p o RNasi III (un’endonucleasi implicata nella maturazione dell’RNA) e soprattutto con Rpb1p, che rappresenta la subunità più grande dell’RNAPII (Ursic et al, 2004). Dato l’elevato livello di conservazione strutturale tra Sen1p e Senataxina e tenendo in considerazione l’importanza funzionale del domino N-terminale di Sen1p, sono stati eseguiti diversi studi su Sen1p e sulle proteine con cui questa interagisce, con lo scopo di comprendere appieno l’effettiva funzione della Senataxina per capirne il ruolo e le sue interazioni con altre proteine.
3.1 Esperimenti sull’omologo Sen1 nelle cellule di lievito S. Cerevisiae
La Senataxina presenta una strabiliante somiglianza con la proteina Sen1 del lievito Saccharomyces Cerevisiae, motivo per il quale Moreira e collaboratori chiamarono il gene codificante “senataxin” dopo aver notato l’elevata omologia con la proteina fungina.
In S. Cerevisiae, oltre all’attività RNA elicasica dovuta alla presenza del dominio C-terminale, Sen1 sembrerebbe essere implicata anche nel processo di splicing dell’RNA transfer (tRNA), suggerimento ottenuto grazie alla selezione di mutanti termosensibili che ha permesso di identificare diversi geni coinvolti nello splicing del tRNA, quali SEN1 e SEN2 (Winey and Culbertson, 1988).
Mentre SEN2 sembra codificare per una subunità catalitica dell’endonucleasi (Ho et al, 1990), il prodotto genico di SEN1 non rappresenta alcuna subunità dell’enzima, sebbene interagisca insieme alla proteina Sen2 nell’attività endonucleasica dello splicing di tRNA. Il gene SEN1 prevede una ORF di 6,336 bp, preceduta da 267 bp e alla sua estremità 5’ non presenta una sequenza dominante del promotore TATA (Struhl, 1987), piuttosto mostra una forte somiglianza con la sequenza di terminazione della trascrizione, come dichiarato da John L. Woolford due anni dopo. In particolare, la proteina Sen1 codificata, di massa molecolare di 239 kDa, presenta un dominio amino-terminale di 100 kDa, superfluo per la crescita cellulare, e una regione carbossil-terminale di 139 kDa che è invece essenziale per la crescita del lievito. Inoltre, possiede numerosi motivi quali le leucine zipper, siti leganti i nucleotidi trifosfati (NTP) e una sequenza di localizzazione nucleare (NLS) e condivide somiglianze significative con altre proteine, tra cui il prodotto genico UPF1 di S. Cerevisiae, implicato nel turnover dell’mRNA (Leeds et al, 1991).
Come suggerito dagli studi mutazionali, SEN1 e UPF1 portano alla formazione di proteine sia strutturalmente che funzionalmente simili, che agiscono in differenti pathway, o in veste di nucleasi o come positivi effettori delle nucleasi. Tuttavia, non è ancora chiaro se Sen1 interagisca direttamente con le endonucleasi coinvolte nello splicing di tRNA oppure agisca attraverso altre proteine o con lo stesso tRNA.
Sapendo che Sen1 è localizzata nel nucleo, non ci si aspetterebbe che questa sia implicata nella stabilità degli mRNA citoplasmatici, eppure dai vari esperimenti condotti in merito, è stato possibile notare che l’RNA elicasi Sen1 è implicata nella terminazione dei trascritti non codificanti. Dal momento in cui l’enzima RNA polimerasi trascrive sia geni codificanti che geni non codificanti proteine, queste classi di trascritti differiscono per lo più per il meccanismo di terminazione, facilitata da una serie di fattori di terminazione.
A differenza dei trascritti di mRNA che terminano a valle della regione codificante attraverso un processo accoppiato a reazioni di scissione e di poliadenilazione, gli RNA non codificanti (ncRNA), in S. Cerevisiae, terminano mediante l’azione di proteine leganti l’RNA, come Nrd1 e Nab3, oltre a quella di Sen1. Dalle interazioni che si vengono a creare tra queste tre proteine, si forma il complesso Nrd1-Nab3-Sen1 (figura 10), successivamente richiesto per concludere la trascrizione dei trascritti non codificanti, che includono small nuclear RNA (snRNA), small nucleolar RNA (snoRNA) (Steinmetz et al, 2001; Ursic et al, 1997), cryptic unstable transcripts (CUT) (Arigo et al, 2006; Thiebaut et al, 2006) e anomali mRNA (Rondòn et al, 2009).
Mentre Nrd1 e Nab3 legano sequenze di terminazione a valle degli ncRNA, è probabile che l’elicasi Sen1, essendo un’ampia proteina, abbia funzioni addizionali oltre alla sua attività elicasica, per cui non andrebbe correttamente a reticolare con questi RNA nei siti di legame per Nrd1 e Nab3. Si osserva piuttosto un legame di Sen1 nei siti presenti sull’estremità 3’ del pre-mRNA, che potrebbe aiutare a reclutare il complesso TRAMP, il quale aggiunge una coda oligoadenilata all’estremità 3’ dei ncRNA, affinché questi vengano degradati dall’esosoma (Wyers et al, 2005; Houseley et al, 2006; Wlotzka et al, 2011).
Seppur sia presente sull’estremità 3’ dei pre-mRNA e sia così coinvolto nella risoluzione di RNA non codificanti, Sen1 si legherebbe anche all’estremità 3’ degli mRNA e ciò indicherebbe un suo coinvolgimento nella terminazione trascrizionale.
Un’errata regolazione della trascrizione è la causa di molte patologie, come per esempio la mutazione nel gene umano omologo di SEN1 che provoca una serie di disturbi neurodegenerativi. Per questa ragione, la comprensione dei ruoli nel controllare la terminazione di RNA codificanti e non codificanti da parte delle proteine del lievito assume sempre più importanza, in quanto utile per decifrare il meccanismo di queste proteine nelle cellule umane.
Nonostante la funzione caratterizzante di Sen1 sia quella di degradare le specie non poliadenilate di RNA, oltre alla terminazione della trascrizione, Sen1 assiste i processi metabolici del DNA.
Tant’è vero che Sen1 si associa con le forcelle di replicazione in movimento allo scopo di proteggerne l’integrità, poiché queste, percorrendo l’intero filamento di cromatina, possono incontrare l’enzima RNAPII sui geni altamente espressi. È stato osservato che in assenza di Sen1, le forcelle di replicazione tendono facilmente ad incontrare la RNAPII sui geni trascritti e accumulano, di conseguenza, strutture anomale di DNA, che probabilmente si preparano ad eventi di ricombinazione non programmata, attivazione di checkpoint e instabilità genomica.
Secondo una ricerca svolta nel 2012 da Amaya Alzu insieme ai suoi collaboratori, è stato riconosciuto che Sen1, durante la replicazione del cromosoma, faciliti la progressione del replisoma lungo i geni trascritti dalla RNA polimerasi II, prevenendo quindi l’accumulo di ibridi DNA/RNA quando le forcelle incontrano i nascenti trascritti sul filamento stampo ritardato.
Successivamente, l’attenzione si è spostata per andare ad esaminare se Sen1 assiste all’accensione dell’origine di replicazione e/o alla progressione della forcella. Rilevando una sostituzione amminoacidica nel dominio essenziale dell’elicasi, sia le cellule wild type (WT) sia quelle Sen1 mutanti, dopo esser state rilasciate dalla fase G1 a 37 °C in presenza di idrossiurea (HU), hanno mostrato un modello comparabile di avvio dell’origine (attraverso l’analisi dell’intero genoma con l’incorporazione di bromodeossiuridina (BrdU) e l’analisi di elettroforesi su gel bidimensionale) suggerendo che l’accensione dell’origine ARS607 nel lievito non è dipendente da Sen1.
Infatti, si è notato che l’incorporazione di BrdU (testi rilevabile in citometria a flusso) è ridotta nei mutanti Sen1, in prossimità dei geni altamente espressi. Il locus genico PDC1-TRX1 altamente trascritto rappresenta un naturale elemento di pausa nella replicazione per via dell’interferenza tra la trascrizione e la replicazione, sicché le forcelle a sinistra dell’origine di replicazione ARS1211 si imbattono frontalmente con il trascritto di PDC1, mentre l’estremità 3’ delle molecole di mRNA si appaiono con il filamento stampo ritardato. È possibile che nei mutanti Sen1 gli ibridi DNA/RNA di PDC1 siano responsabili del rallentamento delle forcelle in arrivo, generando così DNA non replicato. Ciò conferma la funzione di Sen1 nel prevenire l’accumulo di ibridi DNA/RNA nel locus PDC1 nelle cellule wild-type (WT).
Dopo immunoprecipitazione degli ibridi di DNA/RNA con l’anticorpo S9 nelle cellule WT e in quelle senza Sen1 (Sen1-1), il materiale immunoprecipitato è stato poi amplificato attraverso la PCR quantitativa (qPCR), per visualizzare in particolare gli ibridi nel locus PCD1. Si è notato che i livelli di trascritti di PDC1 aumentavano in G1-S in presenza di HU di circa 2 volte e che le cellule WT e Sen1-1 esibivano in G1 un livello molto basso di ibridi.
Inoltre, mentre le cellule WT in HU esponevano un transiente e scarso accumulo di ibridi che raggiungevano il picco a 150-180 minuti, nei mutanti sen1 gli ibridi si accumulavano drammaticamente e persistevano per più tempo, il che è stato confermato anche in fase S non perturbata e in differenti loci trascritti.
In conclusione, la mancanza di Sen1 causa l’accumulo di ibridi DNA/RNA e di regioni ssDNA in fase S. In un ulteriore analisi con elettroforesi su gel bidimensionale è stato mostrato che Sen1 assisteva la progressione delle forcelle che si imbattono con le unità trascritte dalla RNAPII nei tre loci addizionali (SNR13-TRS31, SOD2-ERG11 e HYP2), prevenendone la pausa, anche se non è stato rilevato il massimo accumulo di strutture anomale come nel caso del locus PDC1 altamente espresso. Sia le cellule WT sia quelle caratterizzate da una mancanza di Sen1 esibivano profili comparabili nelle regioni in cui le forcelle incontravano i geni trascritti dalla RNAPII codirezionalmente oppure geni trascritti dalla RNAPIII frontalmente.
Basandosi su queste osservazioni, si può affermare che i mutanti Sen1 potrebbero essere rimandati nel completamento della fase S e accumulare segnali di checkpoint.
Mediante analisi FACS è stato mostrato che i mutanti Sen1 esibivano un ritardo della fase S, amplificato in presenza di basse dosi di idrossiurea (HU), nonché una fosforilazione progressiva della chinasi del checkpoint ATR e una letalità cellulare specifica per la fase S, piuttosto aggravata inattivando il gene checkpoint RAD9. RAD9 altro non è che un gene controllore che consente alle cellule di procedere allo stadio successivo del ciclo cellulare solo quando specifici requisiti sono stati soddisfatti, come ad esempio la sintesi del DNA, impedendo così alle cellule di dividersi quando la replicazione del DNA è incompleta o quando sono insorti danni al DNA. Rad9, oltre ad essere necessario per la via di segnalazione indotta dal checkpoint genotossico per controllare l’avanzamento delle fasi costituenti il ciclo cellulare e mantenere la stabilità genomica, è anche essenziale per la prevenzione di condensazione cromosomica prematura (PCC).
Alzu e collaboratori (2012) suggerirono che, quantunque Sen1 e Nrd1 sembrino implicate nella terminazione della trascrizione, una piccola parte di Sen1 ha un ruolo addizionale nel prevenire l’instabilità della forcella sulle unità trascritte e nel sopprimere l’attivazione del checkpoint di danno al DNA.
A questo punto, si è posta l’attenzione sulla possibile esistenza di un collegamento dell’arresto della forcella replicativa e dell’attivazione del checkpoint che si verificano nei mutanti Sen1 con l’instabilità genomica. In accordo con un recente studio da parte di Mischo e collaboratori (2011) si è scoperto che i mutanti sen1-1 erano letali in assenza di proteine di ricombinazione omologa (HR), (come accade con l’inattivazione della DNA elicasi Sgs1 o Srs2 che porta all’accumulo di intermedi di ricombinazione letali). Inoltre, sono essenziali per la possibilità di sopravvivenza dei mutanti sen1-1 anche altri fattori che preservano l’integrità della forcella, come i componenti del replisoma Ctf4, Mrc1 e Tof1 (Collins et al, 2007). Al contrario, i mutanti nrd1-102 non richiedono alcuni di questi fattori per la loro sopravvivenza.
A differenza dei mutanti nrd1-102, i mutanti sen1-1 mostrano un alto tasso di ricombinazione con una preferenza per eventi genomici di delezione ed esibiscono frequentemente la perdita di frammenti cromosomiali.
Le osservazioni ottenute dai vari esperimenti eseguiti in merito sottolineano, pertanto, il ruolo cruciale di Sen1 nel proteggere l’integrità genomica, indicando in ultima analisi anche una funzione per la Senataxina all’interno del processo di replicazione del cromosoma.
Ciò trova conferma dagli studi effettuati da Ursic e collaboratori (2004) che evidenziarono un’interazione di Sen1p con RAD2, una endonucleasi specifica per il DNA a singolo filamento (ssDNA), che, in presenza di ioni magnesio, come cofattori, (Habraken et al, 1993), interviene nella riparazione per escissione del DNA danneggiato (suggerendo che anche la proteina Sen1 sia coinvolta nella protezione del genoma).
Sostanzialmente, da una parte, Sen1 si associa con le forcelle in movimento, contrastandone l’eventuale pausa durante la loro progressione lungo il filamento di DNA in caso di scontri frontali con le unità trascritte dalla RNAPII, dall’altra, Sen1 si associa con Nrd1 per poi legare, durante il ciclo cellulare, elementi genomici dell’enzima deputato al processo di trascrizione. A differenza di Nrd1, che non è coinvolto negli eventi di replicazione nella fase S, Sen1, e quindi anche la Senataxina, presenta due funzioni: una nel facilitare la biogenesi dell’RNA e una nell’assistere la progressione della forcella negli scontri con i geni trascritti dalla RNA polimerasi II.
Nel lievito sono presenti almeno quattro elicasi associate alla forcella che assistono al suo avanzamento, prevenendo la ricombinazione: Rmr3 disloca le barriere proteiche, Sgs1 e Srs2 promuovono la replicazione (Kerrest et al, 2009), mentre Sen1 contrasta gli eventi quando le forcelle incontrano le unità trascritte dall’RNAPII. Sorprendentemente Sgs1 e Sen1 interagiscono fisicamente con Srs2 (Chiolo et al, 2005) e i mutanti corrispondenti sono letali per via dell’accumulo di nucleofilamenti tossici di Rad51 che probabilmente si formano sulle forcelle di replicazione (Giangioff et al, 2000). RAD51 è una proteina umana di 339 aminoacidi altamente conservata negli eucarioti (Rad51 nel lievito), che gioca un ruolo maggiore nella ricombinazione omologa di DNA durante la riparazione delle double strand break (DBS).
3.2 Associazione della Senataxina con le forcelle replicative per proteggerne l’integrità
Suraweera e collaboratori (2009) identificarono insolite proteine interagenti con la Senataxina, la maggior parte delle quali coinvolte nella trascrizione e nell’elaborazione dell’RNA, tra cui l’RNAPII. Il legame con la RNA polimerasi II ai geni candidati è significativamente ridotto nelle cellule carenti di Senataxina, accompagnato da una minor trascrizione di questi geni, suggerendo un ruolo per la Senataxina nella modulazione degli eventi trascrizionali, oltre al suo coinvolgimento nella riparazione del DNA.
Un ruolo della Senataxina nei processi di allungamento e di terminazione trascrizionali è ulteriormente supportato dal fatto che le cellule con ridotta espressione della Senataxina espongono un aumento della lettura di RNA, della densità di Pol II a valle del sito Poly(A) e dei livelli di formazione di R-loop (Skourti-Stathaki et al, 2011).
Le R-loop sono ibridi RNA/DNA che si formano sui siti di pausa della trascrizione per interazione con un singolo filamento di DNA stampo dietro il complesso proteico della RNA polimerasi II (Figura 12) e rappresentano strutture potenzialmente dannose, in quanto possono causare instabilità genomica se rimangono irrisolti (Li and Manley, 2005; Aguilera and Gómez-González, 2008; Skourti-Stathaki et al, 2011).
La struttura della R-loop, simile a quella della D-loop degli intermedi di ricombinazione, è caratterizzata dalla presenza di un ibrido duplex DNA/RNA piuttosto stabile sul filamento trascritto e da una regione simmetrica a singolo filamento di DNA sul filamento non trascritto. Inoltre, tale struttura rappresenta il substrato sul quale agisce la proteina Senataxina, affinché vengano rimosse queste R-loop di DNA che si formano fisiologicamente durante la terminazione della trascrizione (Mischo et al, 2011; Skourti-Stathaki et al, 2011).
Mentre nei procarioti gli ibridi DNA/RNA possono innescare la replicazione (Kogoma, 1997; Pomerantz and O’Donnel, 2008), negli eucarioti promuovono i riarrangiamenti cromosomiali, ragion per cui l’intervento della Senataxina nel contrastare questi ibridi DNA/RNA è essenziale, specialmente quando le forcelle di replicazione incontrano le unità di trascrizione della RNA polimerasi II. Infatti, indagini biochimiche condotte in merito, confermano che la Senataxina, traslocando con polarità 5’-3’, disloca questi ibridi di DNA/RNA e suggeriscono un ruolo chiave nel coordinamento degli scontri tra Replicazione e Trascrizione, sicché le collisioni tra il replisoma e la RNAPII generano enormi vincoli topologici che, se non risolti, inducono all’accumulo di strutture ricombinogeniche dannose.
A tale proposito sono stati condotti diversi esperimenti dimostranti che la Senataxina si associa alla forcella in movimento, promuovendone la progressione attraverso i geni trascritti dalla RNA polimerasi II allo scopo di proteggere l’integrità delle forcelle replicative. I mutanti Sen1 incrementano le strutture anomale di DNA come anche gli ibridi DNA/RNA quando le forcelle si scontrano frontalmente con le unità di trascrizione della RNAPII (Figura 13). Questi difetti di replicazione sono correlati all’iper-ricombinazione e all’attivazione del checkpoint nei mutanti Sen1.
Questo scenario, che porta all’accumulo di ibridi DNA/RNA nei mutanti Sen1, descriverebbe un processo a più fasi, il cui evento scatenante potrebbe essere rappresentato dal contesto topologico che si presenta quando le forcelle collidono frontalmente con le unità trascritte dalla RNAPII subito dopo la demolizione del gene gating mediata dalla risposta al danno del DNA (Bermejo et al, 2012). La risoluzione del loop trascritto potrebbe generare il dominio gemello superavvolto, caratterizzato dai superavvolgimenti positivi davanti la forcella di replicazione e superavvolgimenti negativi dietro la bolla di trascrizione (Li and Wang, 1987).
Intanto, gli mRNA, specialmente quelli dei geni altamente trascritti, potrebbero poi appaiarsi con il filamento stampo nella regione srotolata del superavvolgimento negativo (Drolet, 2006), inducendo così alla formazione dell’R-loop.
Dalle osservazioni riportate da Amaya Alzu e collaboratori (2012), gli ibridi DNA/RNA si accumulano transitoriamente anche nelle cellule WT che attraversano la fase S, suggerendo che in caso di collisione frontale tra le macchine di trascrizione e di replicazione Sen1 rimuove attivamente gli ibridi che si formano fisiologicamente sui filamenti trascritti. Inoltre, gli eventi di instabilità genomica e ricombinogenica dovuti all’assenza di Sen1 funzionale rappresentano il risultato di una replicazione difettosa e della successiva genesi di segnali di checkpoint in risposta al danno al DNA, in seguito alla pausa della forcella e/o all’elaborazione di ibridi DNA/RNA.
3.3 Risoluzione di ibridi DNA/RNA nei siti di pausa per promuovere la terminazione Xrn2-mediata
Tutti i passaggi che comprendono l’espressione genica sono interconnessi e coordinatamente regolati (Moore and Proudfoot, 2009), e la terminazione della trascrizione, definita come la cessazione della sintesi di RNA in seguito al rilascio della Pol II, non fa eccezione.
L’efficiente terminazione della Pol II dipende sia da un funzionale segnale di poli(A) sia dalle sequenze di terminazione a valle (Connelly and Manley, 1988; West et al, 2004, 2008; Whitelaw and Proudfoot, 1986). Alcuni studi hanno ampiamente caratterizzato il meccanismo della terminazione della trascrizione nei mammiferi, e hanno identificato il ruolo chiave dell’esonucleasi Xrn2 5’-3’, che riconosce il nascente RNA spaccato nel sito di poli(A) e ne promuove la sua degradazione, determinando di conseguenza la terminazione trascrizionale della RNA Pol II.
Questo processo, fondamentale per l’ottimale produzione di proteine, richiede elementi di terminazione localizzati a valle del segnale di poli(A), come i siti di pausa o le sequenze di RNA co-trascrizionalmente spaccate, dette anche elementi CoTC.
Nei geni umani sono stati identificati due classi di sequenze di terminazione: le sequenze di RNA CoTC e i siti di pausa di trascrizione. Ad esempio, il gene umano della beta globina contiene un elemento CoTC, localizzato circa 1 kb a valle del sito di poli(A), che è essenziale per l’efficiente terminazione trascrizionale della Pol II (Dye and Proudfoot, 1999, 2001), poiché l’RNA CoTC subisce la rapida frattura che espone l’RNA alla degradazione da parte dell’esonucleasi Xrn2 5’-3’ (West et al, 2004).
Sorprendentemente, l’analisi dell’intero genoma rivela che le sequenze ricche di G immediatamente a valle dei segnali di poli(A) sono relativamente comuni nei geni dei mammiferi (Salisbury et al, 2006) suggerendo che questi elementi possono giocare una funzione essenziale nella regolazione genetica.
In questo processo interviene la Senataxina, come hanno mostrato le cellule HeLa carenti di Senataxina che manifestano difetti nelle tre fasi della trascrizione (inizio, allungamento e terminazione). In esse si osservano in particolar modo una diminuzione della densità di nascenti RNA e dell’enzima RNA Pol II sul corpo genetico e, al contempo, un incremento della quantità della lettura dell’mRNA e dI Pol II a valle del sito di poli (A) nelle regioni di terminazione.
Si ipotizza che la funzione della Senataxina nelle cellule umane può essere legata alla sua attività RNA/DNA elicasica e in particolare alla sua capacità di distendere gli ibridi DNA/RNA che si formano dietro l’allungamento della Pol II tra il nascente trascritto di RNA messaggero e lo stampo di DNA a singolo filamento (ssDNA).
Dato che la deplezione di Senataxina determina l’accumulo di R-loop a valle del segnale di poli(A), la formazione delle quali dipende dalla trascrizione attiva, dalla presenza di un segnale funzionale di poli(A) e da elementi di pausa della terminazione ricchi in G, si sostiene che la funzione della Senataxina consiste nella rimozione di R-loop nelle regioni di terminazione, confermato dal fatto che la riduzione della stessa colpisce duramente il reclutamento di Xrn2 in queste regioni.
La formazione delle R-loop sugli elementi di pausa ricchi in G possono inoltre comportare un ripiegamento del filamento non stampo di ssDNA in strutture definite “quartetti G”, la cui presenza è particolarmente preponderante nel promotore e nelle regioni 3’ UTR dei geni, il che fa supporre un probabile coinvolgimento di tali strutture nella terminazione della trascrizione (Huppert et al, 2008).
Studi recenti hanno infatti confermato il legame tra l’elaborazione dell’estremità 3’ e l’iniziazione della trascrizione, nonché il riciclaggio di fattori coinvolti reso possibile grazie alla stabile interazione tra il promotore e il terminatore, causando la formazione del gene loop (Mapendano et al, 2010).
Quel che è certo è che la carenza di Senataxina provoca un difetto sia nella terminazione sia nell’iniziazione della trascrizione, in quanto correlati, ma se la Senataxina è coinvolta nell’istituire o nel mantenere questa conformazione genetica è ancora un evento da verificare. Le R-loop che si formano nelle regioni di pausa della trascrizione svolgono quindi un ruolo importante nel processo di terminazione della trascrizione, in quanto causano un arresto della polimerasi a valle del sito di poli(A) prima della terminazione, ma è necessario che siano successivamente risolte per rilasciare il nascente RNA e permetterne la sua degradazione Xrn2-mediata, che alla fine si traduce in un’efficiente terminazione trascrizionale della Pol II.
Kawauchi e altri (2008) confermarono che Sen1, oltre ad essere coinvolta nell’elaborazione di tRNA, snRNA e snoRNA, nonché nella riparazione del DNA accoppiata alla trascrizione, è nota per cooperare con Xrn2/Rat1 per promuovere l’efficiente terminazione di trascrizione in S. Cerevisiae. Una mutazione del singolo amminoacido nel dominio essenziale dell’elicasi compromette infatti la propria funzione, dando luogo a un’alternata distribuzione della Pol II sull’intero genoma, sia su geni codificanti che non (Steinmetz et al, 2006).
Per di più, analisi biochimiche hanno rivelato che il dominio N-terminale di Sen1 interagisce con la subunità più grande della Pol II (Rpb1), con Rad2, richiesta per il riparo del DNA, e con Rnt1, essenziale per la maturazione di molti RNA (Ursic et al, 2004). Allo stesso modo, l’omologo mammifero di Sen1 interagisce con Pol II e altri fattori di elaborazione dell’RNA, tra cui poli(A)-binding proteins 1 e 2 (PABP1 e PABP2), indicando un ruolo per la Senataxina nella regolazione dell’espressione genica (Suraweera et al, 2009).
Pertanto, la Senataxina può essere coinvolta nel riconoscimento del segnale di poli(A) e/o nel reclutamento di altri fattori di trascrizione/elaborazione dell’RNA.
Allo stesso modo, la delezione di Sen1 in S. Cerevisiae causa difetti di ricombinazione del DNA in maniera trascrizione-associata, collegati con l’accumulo transitorio di strutture ad R-loop (Mischo et al, 2011).
Questi risultati suggeriscono che la formazione di R-loop è un evento frequente durante la trascrizione, nella quale Sen1 agisce per prevenire il loro accumulo e gli eventi associati all’instabilità genomica.
La tendenza della trascrizione ad indurre la formazione di R-loop è una caratteristica generale di tutti i genomi eucariotici, che richiede una serie di elicasi dedicate a risolvere queste strutture potenzialmente dannose.
Recentemente, la Senataxina ha mostrato di essere coinvolta nella regolazione dello splicing (Suraweera et al, 2009), il che potrebbe spiegare la possibile correlazione con i difetti nell'allungamento della RNAPII o nell'interazione con fattori di splicing dell'RNA. Studi precedenti hanno dimostrato che i difetti di splicing indotti mediante deplezione del fattore di splicing SR, ASF/SF2, correlano con livelli incrementati di R-loop e conseguente instabilità genomica (Li and Manley, 2005).
4. Localizzazione cellulare e tissutale della Senataxina
In uno studio effettuato da Ying-Zhang Chen e collaboratori (2006), si è cercato di definire la distribuzione tissutale della proteina in esame e di delineare la localizzazione cellulare della Senataxina in diverse linee cellulari (Figura 15), quali la linea cellulare dei fibroblasti di scimmia africana (Cos7), la linea tumorale epiteliale della cervice uterina umana (HeLa) e la linea cellulare umana dell’epitelio renale (293T).
Inizialmente veniva attribuita alla Senataxina la sola localizzazione citoplasmatica, il che era sorprendente dal momento in cui il suo omologo Sen1 in S. Cerevisiae era esclusivamente nucleare, con localizzazione puntiforme nel nucleolo (Ursic et al, 1995).
Successivamente, è stata messa in luce anche una localizzazione nucleolare da parte della Senataxina, attraverso una mutazione termosensibile di SEN1, che era nota per essere responsabile di un’errata localizzazione del marcatore nucleolare Nop1 (NucleOlar Protein) del lievito, implicato nell’elaborazione del pre-mRNA 18S. Poiché la piccola ribonucleoproteina nucleolare (snoRNP) Nop1 rappresentava l’omologo funzionale e strutturale della fibrillarina umana, ciò fece pensare che la Senataxina potesse essere localizzata anche nel nucleolo. Infatti, come si evince dalla figura 16, la Senataxina mostra una co-localizzazione con la fibrillarina nel nucleolo, suggerendo un suo possibile ruolo specifico in questa specifica sede cellulare.
Mediante analisi in immunofluorescenza (IF), basata sull’utilizzo di due anticorpi anti-SETX ed effettuata su cellule umane, è stato rilevato che a livello subcellulare la Senataxina è principalmente localizzata nel nucleo, ma presenta anche una localizzazione addizionale nel citoscheletro (ponte citochinetico).
Nelle indagini condotte in cellule murine, si è potuto dedurre che la Senataxina è una proteina mediamente espressa a livello neuronale, mentre l’mRNA da cui viene tradotta è ubiquitariamente e variabilmente espresso a seconda del tipo cellulare (Chen et al, 2004; Moreira et al, 2004).
L’analisi Nothern blot, tecnica che consente di studiare l’espressione genica rilevando sequenze di RNA, ha permesso di identificare 2 notevoli trascritti di 11,5 kDa e 9,0 kDa in tutti i tessuti esaminati, inclusi il cervello e il midollo spinale.
Come mostrato nelle figure 20-22, la Senataxina è variabilmente espressa in diversi distretti dell’organismo, mostrando non solo una preferenza nel tipo di tessuto, ma anche una differenza di espressione rispetto al livello di espressione del corrispondente mRNA.
Nonostante l’espressione ubiquitaria della Senataxina, i suoi livelli di espressione sembrano essere di tipo cellulo-specifico (Figura 23).
Dunque la Senataxina è presente in molti tessuti, e in particolare nelle sezioni di cervello SETX risulta positivo in diverse popolazioni neuronali residente nei granuli, delle cellule di Purkinje e strati molecolari del cervelletto. Se ne evidenzia una forte espressione citoplasmatica e una diffusione nucleoplasmatica, senza restrizioni per il nucleolo. Ad esempio, nel nucleoplasma dei neuroni del giro dentato, la Senataxina mostra una co-localizzazione con NeuN, un marker per i nuclei delle cellule neuronali murine, eccetto per le cellule di Purkinje, le cellule mitrali (presenti nel bulbo olfattivo nel sistema nervoso centrale (SNC) dei mammiferi) e i fotorecettori del sistema visivo, sensibili ai danni della luce. Ciò suggerisce che la Senataxina nucleare può essere limitata al solo nucleolo nelle cellule proliferanti e non in cellule indifferenziate (non in ciclo cellulare).
5. Implicazioni della Senataxina nello sviluppo oncogeno
Secondo uno studio effettuato da Amaya Alzu e collaboratori (2012) congiuntamente all’IFOM (Istituto Firc di oncologia molecolare) di Milano e all’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (IGN-CNR) di Pavia, emerge chiaramente il ruolo svolto dalla Senataxina nella coordinazione temporale dei processi di replicazione e trascrizione che riguardano il DNA, con molteplici risvolti oncogeni.
Più recentemente, Hazelbaker e collaboratori (2013) sottolinearono che la competizione cinetica tra l’RNAPII e la Senataxina potrebbe spiegare la finestra temporale e spaziale che dà luogo alla terminazione anticipata da parte dell’enzima trascrizionale, in accordo con quanto sostenuto prima. Inoltre, Yüce e West (2013) dimostrarono che la Senataxina si localizza in distinti centri nucleari nelle cellule in fase S/G2 e che il numero di questi centri nucleari aumenta in risposta ad una compromissione del processo di duplicazione del DNA, suggerendo che la Senataxina si posizioni nei siti di collisione tra l’apparato trascrizionale e i componenti del replisoma.
Tutte le indagini condotte in merito alla Senataxina descrivono dunque un suo ruolo nel prevenire collisioni tra le forcelle di replicazione e l’RNA polimerasi II in corso, con lo scopo di preservare l’integrità del genoma nelle cellule proliferanti.
Nel caso in cui la Senataxina è mutata, si attiva una serie di meccanismi cellulari che rispondono all’accumulo patologico delle R-loop, dando luogo a fenomeni di iper-ricombinazione (Mischo et al, 2001; Stirling et al, 2012).
In effetti, il suo omologo Sen1p ha dimostrato di essere in grado di proteggere il genoma altamente trascritto dai danni al DNA mediati dalle R-loop, in quanto la sua perdita nel lievito ha come risultato l’accumulo transiente di R-loop, che induce la cellula a fenomeni di ricombinazione associata alla trascrizione e di instabilità genomica (Mischo et al, 2001).
Difetti nell’elaborazione dell’RNA causati dall’inattivazione della Senataxina provocano l’accumulo di R-loop, innescando di conseguenza eventi di ricombinazione genotossici (Mischo et al, 2001; Skourti-Stathaki et al, 2011). Questo accumulo è ulteriormente amplificato in assenza di fattori di biogenesi dell’RNA (Paulsen et al, 2009; Stirling et al, 2012), come i complessi THO/TREX-2 e la proteina SR SRF1 (Li and Manley, 2005), i quali, sequestrando i trascritti nascenti, prevengono il riappaiamento di RNA al filamento di DNA stampo.
Le R-loop sono strettamente connesse ai conflitti tra Replicazione e Trascrizione, suggerendo che le disfunzioni nel metabolismo delle R-loop contribuiscono allo sviluppo del cancro (Tuduri et al, 2010; Bermejo et al, 2012). Questa idea è supportata da recenti studi che vedono coinvolti i geni oncosoppressori BRCA1 e BRCA2 nel trattamento delle R-loop (Bhatia et al, 2014; Hill et al, 2014; Hatchi et al, 2015). In particolare, la constatazione che BRCA1 interagisca con la Senataxina e con altri fattori, come FACT, fondamentali per alleviare lo stress replicativo nei pressi della forcella (Hill et al, 2014), solleva la possibilità che BRCA1 limiti i conflitti tra Replicazione e Trascrizione. Ciò è di fondamentale importanza in quanto gli scontri tra Replicazione e Trascrizione possono avere implicazioni importanti sul cancro, soprattutto seguendo l’attivazione dell’oncogene, la cui sovraespressione deregola la trascrizione e genera danni al DNA associati allo stress replicativo. Infatti, lo stress replicativo è una caratteristica delle cellule precancerose ed è responsabile per i riarrangiamenti cromosomici complessivi osservati nei tumori avanzati (Bartková et al, 2006; Di Micco et al, 2006; Burrell et al, 2013). Nelle cellule umane, la trascrizione promuove lo stress replicativo indotto dall'oncogene (Jones et al, 2012) e contribuisce alla espressione dei CFS, che corrisponde alle regioni di anomalie cromosomiche osservate nelle cellule tumorali (Helmrich et al, 2011; Barlow et al, 2013). E’ stato possibile valutare i livelli di espressione della proteina nei vari tipi di tessuti e di tumori in cui la Senataxina sembra coinvolta.
I tumori che colpiscono il testicolo o la pelle, alcuni casi di carcinomi maligni come il tumore endometriale, il tumore uroteliale o il cancro ovarico, e alcuni tipi di cancro del colon-retto hanno mostrato moderata colorazione citoplasmatica, lievemente espressa anche in caso di glioma, linfoma e cancro allo stomaco.
Mentre altri tessuti neoplastici, come il carcinoma al seno, sono risultati negativi. È interessante notare che, nonostante la Senataxina sia normalmente espressa a livello polmonare, renale e della tiroide, non è stata riscontrata nella colorazione dei rispettivi tessuti neoplastici.
Infine, i fattori che contrastano maggiormente l'accumulo di R-loop sono stati evidenziati anche in disordini neurologici.
La Senataxina è mutata in forme giovanili di atassia e sclerosi laterale amiotrofica (SLA) (Chen et al, 2004; Moreira et al, 2004), mentre RNaseH2 nella sindrome di Aicardi-Goutières (Crow et al, 2006). L'osservazione che la replicazione e la ricombinazione omologa non si verificano nei neuroni solleva la questione: le R-loop associate alla replicazione contribuiscono alla neurodegenerazione? E' possibile che l'accumulo non programmato di R-loop influenzi la funzionalità delle cellule gliali, una popolazione di cycling cells che interagisce con i neuroni e le cui disfunzioni contribuiscono alla neurodegenerazione (Lobsiger and Cleveland, 2007). Inoltre, l'accumulo di R-loop incontrollato durante la neurogenesi potrebbe avere effetti a lungo termine sull'integrità del genoma e sull'espressione genica nei neuroni maturi. Infatti la presenza persistente di ibridi DNA/RNA è associata a instabilità, silenziamento trascrizionale e accumulo di DBS, caratterizzanti le sindromi neurologiche di Atassia di Frederich e dell’X-fragile (Zhang et al, 2012; Groh et al, 2014; Loomis et al, 2014). Gli ibridi DNA/RNA stabili sono anche legati ad un’espansione di GGGGCC in C9ORF72, che rappresenta l'alterazione genetica più comune nelle malattie neurodegenerative di SLA e demenza frontotemporale (Reddy et al, 2010; Haeusler et al, 2014).
Di grande interesse è la constatazione per la quale gli ibridi di DNA/RNA contenenti sequenze di derivazione virale o batterica possono stimolare la risposta del sistema immunitario innato (Kailasan Vanaja et al, 2014; Mankan et al, 2014; Rigby et al, 2014). L'identificazione di ibridi DNA/RNA come attivatori dell'immunità innata ha implicazioni evidenti per le malattie autoimmuni, tra cui il disturbo neuroinflammatorio di Aicardi-Goutières. Inoltre, se gli ibridi DNA/RNA contribuiscono direttamente all'attivazione dello stato cronico di infiammazioni, questo potrebbe avere ampie implicazioni per l'insorgenza del cancro e malattie neurodegenerative (Amor et al, 2014; Hagerling et al, 2014).
6. Implicazioni della Senataxina nello sviluppo di malattie neurodegenerative
Il gene SETX provvede a fornire quelle che sono le informazioni necessarie per l’elaborazione della Senataxina, una proteina espressa in un’ampia gamma di tessuti che assume particolare importanza clinica, essendo stata scoperta in forma mutata in diverse malattie neurodegenerative.
La Senataxina appartiene alla classe delle elicasi e, come tale, è implicata nella riparazione del DNA e nella produzione di RNA. La loro azione consiste nell’attaccare particolare regioni di DNA e, contemporaneamente, distendere i due filamenti della molecola elicoidale. Grazie allo srotolamento in prossimità dei filamenti vicino i siti di danno del DNA, le elicasi consentono ad altre proteine di raggiungere le aree danneggiate e ripararle. Tale meccanismo di srotolamento può essere anche coinvolto nell’usare le istruzioni codificate dall’RNA per creare differenti tipi di proteine. La Senataxina, per via del suo dominio C-terminale (residui 1931-2456), condivide somiglianze considerevoli con altre elicasi, quali la Immunoglobulin Mu-Binding Protein 2 (IGHMBP2) e la Regolator of Nonsense Transcipts 1 (RENT1), rispettivamente per il 42% e il 46%. Mentre IGHMBP2 risulta mutante in Distal Hereditary Motor Neuropathy of type 6 (DHMN6) e in Spinal Muscolar Atrophy with Respiratory Distress of type 1 (SMARD1) (Grohmann et al, 2001), le mutazioni nel gene RENT1 non sono state ancora riportate.
Nonostante la Senataxina sia ubiquitariamente espressa, difetti nella sua funzione sono manifestati più severamente nei tessuti neuronali, probabilmente perché i geni neuronali mostrano livelli di splicing alternativo piuttosto alti. Questo spiegherebbe il motivo per cui la carenza di Senataxina o il malfunzionamento della stessa induca all’evoluzione di disturbi degenerativi dei neuroni motori.
Le mutazioni del gene SETX sono state riportate in primo luogo associate a una severa forma autosomica recessiva (AR) di atassia, nota come atassia con aprassia oculomotoria di tipo 2 (AOA2), con esordio tra i 10-20 anni di età (Moreira et al, 2004). In secondo luogo, sono state rilevate mutazioni missenso nel gene SETX nei soggetti affetti da una rara forma autosomica dominante di sclerosi laterale amiotrofica giovanile o di tipo 4 (SLA4), che si sviluppa al di sotto dei 25 anni di età (Chen et al, 2004).
Il fatto che le mutazioni di SETX associate alla malattia riescano a provocare condizioni neurodegenerative distinte, fa presupporre che la Senataxina sia probabilmente importante per la sopravvivenza neuronale (Chen et al, 2004; 2006; Moreira et al, 2004).
Generalmente, mutazioni nel singolo gene dà origine a una sindrome che può mostrare eterogeneità a seconda della natura e della localizzazione della mutazione. Nel caso di SETX, sono associate a questo gene fino a quattro differenti sindromi, presupponendo una certa sovrapposizione tra questi disturbi.
Oltre alla SLA4 e AOA2, Rudnik-Schöneborn e collaboratori (2012) hanno rilevato mutazioni eterozigoti del gene SETX in soggetti affetti da atrofia muscolare spinale prossimale autosomica dominante (ADSMA) caratterizzata da debolezza muscolare progressiva dovuta alla degenerazione dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale e dei nuclei del tronco encefalico. Infine, la mutazione ad ereditarietà dominante conduce alla sindrome tremore-atassia (TAS), caratterizzata da atrofia cerebellare, difetti oculomotori e tremore, senza manifestare neuropatia periferica o segni piramidali.
Sostanzialmente, le mutazioni nel gene SETX possono dar luogo a disturbi neurodegenerativi sia recessivi che dominanti, con alcune caratteristiche in comune, ma è necessaria una maggiore comprensione della funzione della Senataxina e delle proteine con cui essa interagisce affinché si possa risalire al modo con cui le mutazioni in un singolo gene riescano a provocare una serie di malattie differenti.
Il fatto che le mutazioni in SETX siano in grado di indurre sia l’AOA2 autosomica recessiva sia la SLA4 autosomica dominante, fa sottintendere chiaramente l’esistenza di correlazioni genotipiche e fenotipiche distinte a seconda delle mutazioni.
Poiché pazienti affetti da atassia cerebellare AR soffrono di degenerazione del cervelletto, una disfunzione a livello di tale organo del sistemo nervoso comporta la perdita della coordinazione muscolare (Di Donato et al, 2001). Al contrario, la sclerosi laterali amiotrofica AD è una malattia neurodegenerativa che colpisce le regioni del sistema nervoso implicate nel controllo del movimento dei muscoli volontari, per cui sono associate alla degenerazione dei neuroni motori nella corteccia cerebrale, nel tronco encefalico e nel midollo spinale (Morrison and Harding, 1994).
L’atassia con aprassia oculomotoria di tipo 2 (AOA2) è una rara forma di atassia cerebellare AR causata dalla mutazione nel gene SETX, che si sviluppa nel secondo decennio di vita e si manifesta con la progressiva neuropatia senso-motoria periferica e con la contemporanea presenza di aprassia oculomotoria variabilmente espressa. Da un punto di vista clinico, si tratta di una condizione patologica caratterizzata da atrofia cerebellare, perdita precoce dei riflessi e delle cellule di Purkinje, neuropatia periferica tardiva e lenta progressione, causando un grave handicap motorio associato a elevati livelli sierici di α-fetoproteina e aggravato da complicazioni nel movimento oculare.
Mediante l’autopsia di un paziente affetto da AOA2 (che come tale coinvolge principalmente il cervelletto), Criuscolo e collaboratori (2006) osservarono le dimensioni ridotte del cervello e l’atrofia cerebellare, più evidente a livello del lobo anteriore; inoltre, la corteccia cerebellare evidenziava la perdita delle cellule di Purkinje, mentre il troco encefalico e il midollo spinale erano leggermente ridotti. Tuttavia, l’AOA2 non presenta un incremento della suscettibilità verso il cancro. La sovraespressione della mutazione associata all’AOA2 e della mutazione associata alla SLA4 portano a pattern differenti di espressione genica, suggerendo che le mutazioni specifiche della malattia causano diversi cambiamenti trascrizionali all’interno della cellula. Tuttavia, esistono alcuni moduli di sovraespressione che coinvolgono vari aspetti in comune come l’elaborazione dell’RNA, la manutenzione del DNA e la trascrizione.
La maggior pare delle mutazioni della Senataxina osservate nei pazienti con AOA2 o SLA4 sono dovute ad una terminazione prematura della proteina o ad un’interferenza funzionale a carico dell’attività elicasica del dominio C-terminale o delle interazioni proteiche del dominio N-terminale. Ciò comporta l’insorgenza dei difetti nei sistemi di riparazione al DNA (Chen et al, 2006; Suraweera et al, 2007), sebbene il meccanismo preciso di tossicità causato da tali mutazioni e manifestato in questi pazienti rimane ancora da essere delucidato.
Uno dei passi avanti consiste nell’aver mappato 21 mutazioni e 11 presunti polimorfismi non sinonimi (SNP) su uno schema per evidenziare la posizione e il tipo di mutazioni di SETX identificate fino ad oggi.
Chen e collaboratori (2006) indagarono se le mutazioni associate alla SLA4 all’AOA2 causano una errata localizzazione della Senataxina, esaminando proteine sia endogene che ricombinanti, e posero l’attenzione anche nella ricerca di ulteriori mutazioni di SETX e nell’analisi della potenziale correlazione tra genotipo e fenotipo che potrebbe delineare altri domini funzionali di SETX. Per effettuare l’analisi sulla Senataxina mutante, sono stati utilizzati come modello cellulare i linfociti B per testare se le mutazioni non senso in SLA4 e AOA2 causano una dislocazione della proteina ed è stata effettuata una doppia marcatura (SETX/Nucleolina) come riferimento per il nucleolo. Sebbene il grado di co-localizzazione della Senataxina con la Nucleolina era variabile, entrambi i linfociti B isolati da pazienti con SLA4 (mutazione L389S eterozigote) e da un paziente con AOA2 (mutazione P2368R omozigote) hanno mostrato una localizzazione subcellulare della proteina in esame indistinguibile dai controlli; pertanto, non si evincono notevoli differenze associate a entrambe le mutazioni in merito al profilo di SETX.
Nel tentativo di studiare le mutazioni missenso di SETX associati alla SLA4, sono stati generati dei costrutti di espressione diretti verso l'estremità N-terminale per SETX wild-type (FLAG-WT-SETX) e per SETX mutante (FLAG-L389S-SETX). La doppia marcatura delle cellule con anticorpi anti-SETX e anti-FLAG per localizzare rispettivamente SETX totale e SETX ricombinante ha permesso di scoprire che sia FLAG-WT-SETX sia FLAG-L389S-SETX assumono un’errata localizzazione, in quanto sparsi nel nucleoplasma, ed entrambi sembrano essere completamente assente nel citoplasma. In larga misura, la proteina ricombinante, rilevata dall'anticorpo SETX pep-2, è più diretta nel nucleoplasma che nel nucleolo, rispetto alla proteina endogena.
6.1 La sclerosi laterale amiotrofica giovanile (SLA4)
La sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come "Morbo di Lou Gehrig, " dal giocatore di baseball americano a cui è stata diagnosticata la malattia, denota un gruppo eterogeneo di gravi disturbi neurologici progressivi associati alla degenerazione dei neuroni motori nella corteccia cerebrale, nel tronco encefalico e nel midollo spinale (Morrison and Harding 1994). Circa il 90% dei casi di SLA sono sporadici mentre il restante 10% sono familiari (FALS) (Strong et al, 1991). La FALS è una distinta forma di sclerosi laterale amiotrofica, clinicamente e geneticamente eterogenea (Majoor-Krakauer et al, 2003), in cui l’istologia è differente e la demenza e il parkinsonismo complicano il quadro clinico. Il 15-20% di casi di FALS sono associati a mutazioni nel gene superossido dismutasi-1 Cu/Zn (SOD1) sul cromosoma 21q21.1 (Rosen et al, 1993) che causano la SLA1, una malattia autosomica dominante (AD), fatale, con esordio in età adulta. Sebbene la maggior parte dei casi di FALS relativa a SOD1 seguono la trasmissione autosomica dominante, sono stati riportati rari casi di trasmissione autosomica recessiva, come la SLA2 ad insorgenza giovanile, lentamente progressiva e associata a mutazioni nel gene alsin, presente sul cromosoma 2q33 (Hadano et al, 2001; Yang et al, 2001). I meccanismi con i quali le mutazioni in SOD1 o in alsin portano alla degenerazione dei motoneuroni rimangono sconosciuti. Le SLA familiari, causate da mutazioni nel gene SOD1, di solito provocano malattia autosomica dominante, ma possono anche causare autosomica recessiva SLA.
La SLA è una malattia geneticamente eterogenea, infatti:
ALS6 è causata da mutazione nel gene FUS nel cromosoma 16p11.2;
ALS8 è causata da mutazione nel gene VAPB nel cromosoma 13;
ALS9 è causata da mutazione nel gene ANG sul cromosoma 14q11;
ALS10 è causata da mutazione nel gene TARDBP su 1p36.2;
ALS11 è causata da mutazione nel gene FIG4 sul cromosoma 6q21;
ALS12 è causata da mutazione nel gene OPTN sul cromosoma 10p;
ALS14 è causata da mutazione nel gene VCP sul cromosoma 9p13 gene-p12;
ALS15 è causata da mutazione nel gene UBQLN2 sul cromosoma Xp11.23-P11.1;
ALS17è causata da mutazione nel gene CHMP2Bsul cromosoma 3p11;
ALS18 è causata da mutazioni nel gene PFN1 sul cromosoma 17p13.3;
ALS19 è causata da mutazione nel gene ERBB4 sul cromosoma 2q34;
ALS20 è causata da mutazione nel gene HNRNPA1 sul cromosoma 12q13;
ALS21 è causata da mutazione nel gene MATR3 nel cromosoma 5q31;
ALS22 è causata da mutazione nel gene TUBA4A nel cromosoma 2q35.
Loci associati al disturbo si trovano sui cromosomi 18q21 (ALS3) e 20p13 (ALS7). La suscettibilità alla SLA è stata associata a mutazioni in altri geni, tra cui delezioni o inserzioni nel gene che codifica per la subunità pesante del neurofilamento (NEFH); delezioni nel gene che codifica per periferina (PRPH); e mutazioni nel gene dinactina (DCTN1). Alcune forme di SLA mostrano esordio giovanile, quale la SLA4, causata da mutazione nel gene senataxina (SETX) su 9q34, la SLA5, causata da mutazione nel gene SPG11su 15q21 e la SLA16, causata da mutazioni nel gene SIGMAR1 su 9p13.
La SLA è una sindrome caratterizzata da progressiva debolezza e atrofia dei muscoli scheletrici per via della degenerazione selettiva di motoneuroni e comprende una serie di aspetti clinici e patologici di degenerazione di motoneuroni superiori e inferiori.
La presentazione clinica, l’età di esordio e la progressione della SLA variano considerevolmente. Infatti, il picco di età di esordio della malattia varia tra 47-52 anni per i pazienti familiari e 58-63 anni per i pazienti sporadici. Circa il 50% dei pazienti muoiono entro 30 mesi dall’inizio del sintomo e circa il 20% sopravvivono tra i 5 e i 10 anni dopo l’inizio del sintomo. (Kiernan et al, 2011).
La SLA ad esordio giovanile è un’insolita forma familiare di SLA, con presunta penetranza della malattia del 100%. Rispetto alle forme ad esordio in età adulta, la SLA giovanile è più frequentemente di natura familiare. Sono associate a FALS le mutazioni nei geni alsin (SLA2), senataxin (SETX) e Spatacsin (SPG11) con esordio giovanile e progressione lenta della malattia (Orban et al, 2007).
La SLA4, conosciuta anche come "neuropatia motoria distale ereditaria", è una rara forma AD di SLA con insorgenza infantile o in adolescente, caratterizzata da lenta progressione della malattia, debolezza degli arti, grave atrofia muscolare e segni piramidali associati alla degenerazione dei neuroni motori nel cervello e nel midollo spinale (Rabin et al, 1999). Si tratta di una rara forma di disturbo dei motoneuroni, con i primi sintomi di degenerazione dei motoneuroni superiori e inferiori che si manifesta prima dei 25 anni di età.
Il fenotipo di SLA4 comprende una lunga durata della malattia, assenza di alterazioni sensoriali evidenti e riserva di muscoli bulbari e respiratori (Rabin et al, 1999; De Jonghe et al, 2002).
L’alterata elaborazione dell’RNA è una causa nota di neurodegenerazione, come documentato nell’atrofia muscolare spinale (SMA) e nella sindrome dell’X-fragile (Kremer et al, 1991). Il tema dell’alterata elaborazione dell’RNA nella malattia motoneuronale è stato piuttosto trattato da recenti scoperte sulle funzioni svolte da proteine leganti l’RNA, quali TDP-43 (SLA10) (Kabashi et al, 2008; Sreedharan et al, 2008) e FUS (SLA6) (Kwiatkowski et al, 2009; Vance et al, 2009), sia in SLA familiare che sporadica.
Riguardo alla proteina Senataxina, è molto probabile che un’aberrante elaborazione dell’RNA sia una caratteristica della neurodegenerazione manifesta nella SLA4, soprattutto se si considera l’elevata conservazione del suo dominio elicasico.
Sebbene siano ancora da chiarire le precise funzioni della Senataxina, le mutazioni nel gene SETX responsabili della SLA4 sono limitate a tre sostituzioni aminoacidiche.
In una grande famiglia del Maryland (pedigree K700), in cui 49 membri erano affetti da SLA4, fu individuato un gene critico per questo disturbo, mappando all’interno di un intervallo genico sul cromosoma 9q34. L’analisi ha rilevato mutazioni missenso nel gene SETX o KIAA0625 (HUGE Protein Database), codificante un'insolita DNA/RNA elicasi in altre tre famiglie con SLA4 non imparentate: CMT-61, CMT-106, e F-54. Queste presentavano un fenotipo simile correlato addirittura alla stessa regione cromosomica (De Jonghe et al, 2002).
Dopo l'identificazione di una mutazione in SETX associata alla malattia nelle cellule somatiche, tutti i 24 esoni codificanti di questo gene sono stati sequenziati in probandi da ciascuno dei quattro pedigree mappando il cromosoma 9q34.
Tutte le persone colpite provenienti dal pedigree K7000 erano eterozigoti per la sostituzione L389S, mentre i membri non affetti avevano un normale pattern omozigote. La mutazione L389S non è stata mai rilevata nei 100 individui di controllo, non imparentati.
Nel pedigree CMT-61, gli individui affetti portavano una transizione eterozigote c.6407GrA nell'esone 19, portando a una sostituzione R2136H. Questa mutazione ha eliminato il sito di restrizione BsaHI, che ci permette di eseguire la scansione di un pannello di 100 individui di controllo non imparentati senza rilevare questa mutazione.
Nel pedigree CMT-106, è stata rilevata una trasversione eterozigote c.8CrT nell'esone 3 (esoni 1 e 2 non sono codificanti) portando ad una sostituzione T3I. Questa mutazione ha generato un sito di restrizione NdeI che non era presente in membri non affetti della famiglia, né è stato trovato in 100 individui di controllo non imparentati.
In una prima analisi non è stata rilevata nessuna mutazione di SETX nel pedigree F-54; in seguito ad una più ampia ricerca mediante sequenziamento di DNA genomico, è stato possibile individuare le sequenze 5' UTR (1kb) e 3’ UTR (2,8 kb), i due esoni non codificanti (1e 2) e il segnale canonico di poliadenilazione, ma non è stata identificata alcuna mutazione nel gene SETX associata alla malattia.
Una volta mappato il gene responsabile della SLA4 sul cromosoma 9q34, Bennett e collaboratori (2013) scoprirono che tutti i 49 membri affetti del pedigree K7000 esibivano la mutazione L389S. Questa mutazione risiede a metà del dominio N-terminale, funzionalmente importante sia per la Senataxina che per l’omologo Sen1, e rappresenta finora la causa più comune di SLA4 (Avemaria et al, 2011; Rudnik-Schoncborn et al, 2011), a differenza di altre due rare mutazioni (R2136H e T3I) che sono state riportate in altri domini della proteina (Chen et al, 2004).
Considerando l’elevata omologia strutturale esistente tra Sen1 e Senataxina e tenendo presente le interazioni instaurate dalla proteina mediante il suo dominio amino-terminale, furono usati i primi 650 residui della Senataxina per selezionare una human brain expression library e comparare i risultati della Senataxina WT e la Senataxina L389S. I risultati, oltre a chiarire aspetti biologici chiave della proteina in esame, suggerirono un’inaspettata interazione che potrebbe avere una rilevanza per la patogenesi della SLA4 (Bennet et al, 2003).
Sembrerebbe infatti che, a differenza della Senataxina WT, la Senataxina L389S si leghi in maniera specifica a una proteina (C14orf178) di funzione ancora sconosciuta, facendo presupporre che questa interazione probabilmente derivi dalla mutazione dominante di SETX.
Sebbene siano necessari ulteriori studi in merito, l’evidenza di questa interazione indica che la mutazione L389S potrebbe promuovere la patologia del disturbo attraverso legami aberranti verso proteine con le quali normalmente non interagirebbe.
Un esperimento molto interessante sul ruolo della Senataxina a livello neuronale è stato condotto da Vantaggiato e collaboratori (2011), che analizzarono i possibili effetti della Senataxina sulla differenziazione neuronale nelle cellule ippocampali primarie e nelle cellule P19 trattate con acido retinoico. Modulando i livelli di espressione del wild-type o delle tre forme mutanti della Senataxina correlate alla SLA4 (setxT3I, setxL389S e setxR2136H) (Chen et al, 2004), si poté notare che due di queste mutazioni rientravano sia all’interno che all’esterno della regione N-terminale della proteina (L386S), mentre la terza risiedeva nel dominio elicasico (R2136H). Si giunse così alla scoperta per la quale la sovraespressione della Senataxina WT era sufficiente per innescare la differenziazione neuronale sia mediante azione citoprotettiva sia promuovendo la neuritogenesi, ossia la formazione delle proiezioni a partire dal corpo neuronale (assoni e dentriti). La Senataxina agiva attraverso l'attivazione delle vie di segnalazione che dipendono dal fattore di crescita dei fibroblasti 8 (FGF8), uno dei 22 FGF che si vede coinvolto nella regolazione della neurogenesi, nella differenziazione e sopravvivenza neuronale, nonché nella plasticità sinaptica, attraverso l’attivazione del recettore FGF (FGFR1-4) sia durante lo sviluppo che in età adulta (Mason, 2007). Al contrario, l'iperespressione delle forme mutanti della Senataxina (setxT3I, setxL389S e setxR2136H) non ha influenzato la regolare differenziazione delle cellule ippocampali primari. Questi risultati forniscono una preliminare base molecolare per spiegare come la Senataxina agisce nella fisiologia delle cellule neuronali e suggeriscono, probabilmente in relazione alle diverse funzioni proteiche, l'esistenza di diversi meccanismi di neurodegenerazione correlata a mutazioni recessive o dominanti della Senataxina.
Vantaggiato e collaboratori (2011) hanno quindi dimostrato che la Senataxina svolge un ruolo nella neurogenesi e nella protezione della cellula durante la differenziazione neuronale mediata dal fattore di crescita VIII dei fibroblasti (FG8F). Ciononostante, poiché si tratta di una malattia progressiva, è improbabile che la funzione della Senataxina si limiti al solo sviluppo neuronale. Pertanto, Becherel e collaboratori (2013) condussero un esperimento in cui è stato interrotto il gene SETX in un modello murino, senza riportare poi alcuna evidenza di un fenotipo neurodegenerativo nei topi con SETX mutante (SETX -/-), né tantomeno delle differenze con il topo wild type (WT), limitandone dunque l’indagine alla natura del difetto. Questo risultato non è stato del tutto sorprendente, in quanto l’eliminazione dei geni causanti atassie autosomiche recessive (AR) negli esseri umani non riesce a riassumere il fenotipo nei modelli murini.
È stato però osservato, in primo luogo, che i topi SETX -/- di sesso maschile presentavano completa sterilità, mentre quelli di sesso femminile una ridotta fertilità. Sebbene non ci siano informazioni sulla fertilità maschile in pazienti con AOA2, vi sono studi che invece riportano casi di ipogonadismo nelle femmine o di precoce entrata in menopausa. In secondo luogo, è stato dimostrato che la Senataxina assume un ruolo essenziale nella spermatogenesi e in sua assenza queste cellule murine non sono riuscite a progredire oltre la fase di Pachitene della Profase I della meiosi (Becherel et al, 2013).
Inoltre, è stato rilevato che le rotture irrisolte sul doppio filamento di DNA persistevano durante la meiosi e il crossing-over, un meccanismo di ricombinazione genetica di fondamentale importanza che si verifica durante la profase I della prima divisione meiotica, falliva nei topi con il gene SETX interrotto. Questi cambiamenti possono essere spiegati dall’ingente accumulo di R-loop che interferirebbe con le giunzioni Holliday e con il crossing-over nelle cellule germinali carenti di Senataxina. Una giunzione di Holliday è una struttura mobile a croce composta da quattro filamenti di DNA, che prende il nome da Robin Holliday, che ne propose l'esistenza nel 1964 (Liu and West, 2011; Hays et al, 2003) per spiegare un particolare scambio di materiale genetico nell'organismo Ustilago maydis, noto come ricombinazione omologa.
Da qui, Martin F. Lavin e collaboratori (2013) non solo confermarono la localizzazione della Senataxina nel corpo XY delle cellule in fase Pachitene (come si può notare nella figura 27), ma ne dimostrarono anche un suo coinvolgimento nel silenziare il processo trascrizionale negli autosomi. In assenza di Senataxina, infatti, le R-loop si accumulerebbero nei pressi delle rotture del DNA a doppio filamento (DSB) che sono state riparate inefficacemente sugli autosomi e indurrebbero così le cellule germinali al collasso delle giunzioni Holiday e all’inibizione della fase di crossing-over.
I topi wild-type hanno mostrato un livello molto ridotto di segnale, giustificando il motivo per cui, in caso di differenziazione dello spermatocita, le R-loop accumulatesi in assenza di Senataxina collidono con le giunzioni Holiday piuttosto che con le forcelle di replicazione che avanzano.
La mancata rilevazione della presenza di R-loop nel cervello dei topi con SETX mutante mediante immunofluorescenza (IF) non è del tutto sorprendente, dato che né la replicazione del DNA né ricombinazione del DNA si svolge in questo tessuto. E' possibile che la persistenza dei danni al DNA nelle cellule post-mitotiche induca all'accumulo di queste strutture ibride DNA/RNA, che a loro volta potrebbero contribuire all’apoptosi (Figura 29) e ai cambiamenti neurodegenerativi in pazienti con atassia con aprassia oculomotoria di tipo 2 (AOA2).
La Senataxina ha dimostrato anche di giocare un ruolo nella regolazione dello splicing, mentre la carenza del fattore di splicing SR ASF/SF2 porta ad accumulo delle R-loop e all'instabilità del genoma (Li and Manley, 2005). Questo a sua volta può interferire con la fedeltà del trascrittoma nel cervelletto nei soggetti affetti da AOA2. La risoluzione delle R-loop è prominente in questo ruolo, ma è evidente che la Senataxina ha un ampio coinvolgimento nella maturazione dell'RNA.
La presenza significativa di una lettura dell'mRNA può portare alla sintesi proteica inefficiente o aberrante e di conseguenza alla tossicità cellulare.
Il suo ruolo in cellule post-mitotiche non è chiaro, ma è probabile che questo sia implicato in qualche aspetto del metabolismo dell'RNA per proteggere l'integrità del genoma/trascrittoma. L’idea che la progressione della forcella replicativa potrebbe contribuire a resettare i meccanismi di memoria trascrizionale, demolendo l’organizzazione altamente ordinata dei geni trascritti, potrebbe avere implicazioni per quelle cellule nelle quali la riprogrammazione della trascrizione è accoppiata alla proliferazione, come nelle cellule staminali e precursori emopoietici. Queste cellule, entrando nel ciclo cellulare, in particolare in fase S, possano innescare certamente plasticità nelle loro regioni trascrizionali.
Conclusione
In uno scenario, tanto ampio e complesso quanto affascinante come quello cellulare, particolare interesse ha suscitato la proteina Senataxina, che svolgerebbe una funzione determinante nella replicazione e trascrizione del DNA.
La replicazione del DNA e la trascrizione del gene rappresentano due eventi fondamentali per la vita di una cellula, in quanto consentono, a partire dalla molecola di DNA, la sintesi di catene nucleotidiche per l’espressione e la trasmissione dell’informazione genetica. Entrambi i processi biologici, percorrendo i cromosomi, implicano sia lo srotolamento della doppia elica di DNA da parte della DNA elicasi per consentirne l’apertura e il successivo accesso dell’enzima di sintesi, supportato da numerose altre proteine con attività enzimatiche accessorie, sia la formazione rispettiva di una forcella di replicazione e di una bolla di trascrizione. Mentre la replicazione porta alla formazione di una copia identica della molecola di DNA ad opera della DNA polimerasi (DNAP), durante la trascrizione l’RNA polimerasi (RNAP) trascrive uno dei due filamenti di DNA in una molecola di RNA, definita messaggero (mRNA), che una volta nel citoplasma viene tradotta in proteina. E’ chiaro che le regioni di DNA, che sono impegnate dalla RNAP per essere trascritte, rappresentano una barriera imponente per la replicazione, e poiché in fase S le forcelle replicative percorrono tutto il genoma, inevitabilmente si troveranno a competere con le RNAP attive sul DNA stampo. Per questo motivo è essenziale che la replicazione e la trascrizione siano altamente coordinate allo scopo di prevenire potenziali scontri che potrebbero essere deleteri per l’integrità del genoma (Bermejo et al, 2013).
E’ in questo contesto che interviene la Senataxina, che coordina temporalmente i due processi biologici, affinché si evitino le collisioni tra i due differenti enzimi che potrebbero provocare rotture e riarrangiamenti dei cromosomi, un fenomeno noto come instabilità genomica (Helmrich et al, 2011). In effetti, le cellule in cui la Senataxina è mutata mostrano un’elevata instabilità genomica (Mischo et al, 2011; Stirling et al, 2012).
Secondo uno studio effettuato da Amaya Alzu e collaboratori (2012), congiuntamente all’IFOM (Istituto Firc di oncologia molecolare) di Milano e all’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (IGN-CNR) di Pavia, emerge chiaramente il ruolo svolto dalla Senataxina, la quale, muovendosi sul DNA con la stessa dinamica degli enzimi che lo duplicano, favorisce il passaggio del replisoma attraverso le regioni del DNA già impegnate nella trascrizione. In assenza della Senataxina, la replicazione di geni trascritti dalla RNA polimerasi è impedita dall’accumulo del trascritto di RNA, che porta alla formazione di ibridi DNA/RNA. In accordo con studi biochimici, la Senataxina ha il compito di rimuovere questi ibridi DNA/RNA che si formano fisiologicamente durante la terminazione della trascrizione (Mischo et al, 2011; Skourti-Stathaki et al, 2012), in particolare quelli che originano durante le collisioni frontali tra il replisoma e la RNA polimerasi II. Se non sono rimossi al passaggio del replisoma, come accade in assenza della Senataxina, gli ibridi DNA/RNA si accumulano ed espongono il DNA al rischio di rotture e instabilità genomica (Bermejo et al, 2009, 2011; Brewer and Fangman, 1988; Huertas and Aguilera, 2003; Sabouri et al, 2012), una peculiarità delle cellule cancerose (Bartkova et al, 2006; Di Micco et al, 2006).
E’ stato inoltre suggerito che il danno al DNA, indotto durante la replicazione, potrebbe essere un elemento che, a livello cellulare, è in grado di scatenare gravi patologie neurodegenerative. Infatti, oltre ad assegnare un ruolo chiave alla Senataxina nel coordinare Replicazione con Trascrizione, i risultati ottenuti dal medesimo studio forniscono la base per comprendere i meccanismi patologici causati dalla mancanza di Senataxina, in grado di contribuire a severe malattie neurodegenerative quali l’atassia con aprassia oculomotoria di tipo 2 (AOA2) (Moreira et al, 2004) e la sclerosi laterale amiotrofica di tipo 4 (SLA4) (Chen et al, 2004).
Sebbene sia stato riscontrato che le mutazioni nel gene codificante la Senataxina siano in grado di causare difetti nella riparazione del DNA inducendo disordini di tipo neurodegenerativo, i meccanismi molecolari che determinano questi caratteri fenotipici restano ancora incompresi.
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